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Claudia Patuzzi, Filippo La Porta, Gattomerlino, Piera Mattei, poesie, Roma, Scrittrice
«Poche parole per dire come questo libro è nato: sono stata contattata da Giovanni Merloni che non conoscevo. Ma lui scriveva accanto al suo nome “marito di Claudia Patuzzi”, che invece ho conosciuto e ammirato, e mi ha fatto sapere che Claudia alcuni anni dopo il loro trasferimento a Parigi si era gravemente ammalata e che ora vive solo nel ricordo di lui, che cerca di fare ordine nelle carte di lei. Aveva trovato molte poesie anche se Claudia non ne ha mai pubblicate, preferendo di legare il suo nome al romanzo. Nasceva così il progetto del libro che conterrà le poesie scritte da Claudia nell’ultimo periodo, con due delle buffe storie che Claudia pubblicava sul suo blog parigino, e anche il disegno di copertina sarà un suo disegno. Ma il libro riunirà inoltre Giovanni e Claudia, mediante una breve nota di lui alla loro vita insieme.»
Piera Mattei (scrittrice ed editrice)
Copertina « Claudia » di Claudia Patuzzi e Giovanni Merloni, Gattomerlino, Roma, 2025
Filippo La Porta parla della poesia di Claudia Patuzzi
*
Quando sarò vecchia
I
Quando sarò vecchia
avrò due ali di farfalla
trafitte da uno spillo
una mentina di riserva
e un vestito paraurti
del dottor Gibaud.
Da brava ammutinata
bucherò lo skyline
sfonderò il cupolone
dell’urbe indifferente.
Al rallentatore, aggirerò
la rabbia e le curve
saltellando
al centro della strada
come un passero
tra miliardi di accidenti
felice dei miei vistosi
occhiali blu.
II
Quando sarò vecchia
avrò una cipria invisibile
molte rughe a sfoglia
una treccia color paglia
e un lifting da ragazza.
Felice del mio vento
cinguetterò trasognata
tra file di befane
contraffatte
in una pomposa nuvola blu.
III
Quando sarò vecchia
avrò una sola cataratta
un cane dalla coda alzata
compagno fedele di giornata.
Tra protesi lavabili
correrò via riciclata
abbaiando alla vita sulla mia
motocicletta blu.
IV
Quando sarò vecchia
non avrò petto né pube
mi sveglierò un mattino
tirata a lucido col sidol
una lavagna lavata
da un pennello intinto
nel nirvana.
A braccetto con Siddharta
guiderò a zig-zag
come una cieca
il mio vagone
d’inchiostro blu.
V
Quando sarò vecchia
non sarò più una piuma
leggera e svolazzante
sotto la quercia antica:
ritornerò pietra. Sarà il vento
a scolpire il mio volto
di anziana cheyenne
nel granito di Finisterre
o nel marmo di Carrara.
VI
Quando sarò vecchia
le ossa smetteranno di suonare
il carillon.
Inseguita da nere guardie
accetterò la sfida
incendierò i vestiti
getterò chiavi e porcellane
schiaccerò la croce
veloce come Trilli
lancerò il mio giocattolo a molla
su un’autostrada blu.
VII
Quando sarò vecchia
parlerò ai morti
a colazione
pregherò i vivi.
Prima di dormire
innaffierò le piante
all’alba
tra l’urlo dei gabbiani.
Prima di morire
leggerò Dante e Topolino
libererò la mosca dal bicchiere
poi, in silenzio
metterò il crocifisso
tra le scope.
VIII
Quando avrò cento anni
volerò su una vecchia
Maserati amaranto
leggera come
una strega arruffata
libera di ghignare
al vento
il vaniloquio blu
di un secolo già morto.
IX
Quando sarò vecchia
aggirerò scale e pozzanghere.
Col tacco basso eviterò i rifiuti
col bastone scalzerò le tracce
dei bugiardi e sniderò
l’olezzo benestante
dei morti benpensanti.
Tra cristiane grasse e cicisbei
trionfanti scivolerò in silenzio
in sintetici indumenti da Star Wars
aspettando
sul ciglio della strada
il lampeggiante occhio
del Blu.
X
Quando sarò vecchia
odierò i bambini sputasentenze
i clienti inodori di Blockbuster
i commercianti senza scontrino
i controllori dei supermercati
i vicini spioni che non salutano
i bulli depilati che ridono negli autobus
i politici imbroglioni che masticano l’ostia
i preti impiccioni che ti guardano il sedere
i medici che rifiutano la morte
e tutti quelli che si
fingono buoni
poi mi dissolverò nel blu
e dichiarerò guerra.
XI
Quando morirò
voglio qualcuno accanto a me
a vedere la commedia.
Voglio dare spettacolo senza vergogna
e raccontare la barzelletta più idiota
e il ricordo più dolce.
Voglio gridare l’urlo più disperato
e l’amore più assoluto.
Voglio consegnare
l’incandescente lampada blu
a colei che mi è più cara e tenera
a colui che piangerà al mio fianco,
– quel giorno – senza voltarsi.
XII
Quando sarò morta
caduta da un ponte
sottile come l’aria
dormirò nel silenzio
di una laguna blu
che il Guardi non dipinse.
I pesci mi scivoleranno accanto
sinuosi e indifferenti
tra fluorescenti meduse.
XIII
Quando ero vecchia
credevo di essere eterna
pompavo sangue come una
fisarmonica imbevuta di Chianti
lanciata a pieno ritmo su una cordigliera
poi non ho visto l’incrocio blu
e sono morta.
XIV
Ora non ho tomba né fiori:
sola come Bruto maledico
il silenzio e l’ingiustizia
scansando l’odore dei morti
a gara col vento.
Claudia Patuzzi
(Roma, 21 maggio 2007)





