• About
  • Indice delle Poesie pubblicate

il ritratto incosciente

~ ritratti di persone e paesaggi del mondo

il ritratto incosciente

Archives Mensuelles: avril 2014

Il pro-filo di Arianna (Roma, 2004)

28 lundi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ 3 Commentaires

Étiquettes

Solidea

001_le pro-fil d'ariane NB 180

Il pro-filo di Arianna (2004)

Arianna
Sali e scendi.
Il tuo corpo mascherato
(avviluppato, appena
accennato)
entra ed esce, repentino
(insieme all’omonimo filo)
attraverso lo speciale
sguardo azzurrino.

Arianna
ti confidi e ti conficchi
poi, assai presto
senza pretesto
– con un leggero sempr’elegante
tourbillon – sparisci.

Arianna
(bisogna ammetterlo)
tu mai cancelli
forever
i conquistati che dondolano
impiccati al tuo filo.

Teseo sì, rovesciando le convenzioni
e (addirittura) stravolgendo il mito
l’hai lasciato
sedotto e abbandonato
a farsi divorare
dal divino rimorso.

Con gli altri
sei benigna e presente:
dalle tue odissee a ritroso
mandi grandi cartoline
dove ti incastri piccola
appena percettibile
nelle spesse linee del mondo.

Fiducioso aspetto i tuoi ritorni.

002_ariane 01 180Anna.
Madre e sorella di Maria
sei disposta a qualsiasi avventura:
laveresti Gesù;
accompagneresti un cieco
oltre il mare;
volentieri gli racconteresti
le insidie patite
dalla nave pirata
gli scogli che potrebbero spezzare
(da un momento all’altro)
la chiglia nera, nascosta
sotto le scie grigie;
crederesti al cieco
che dice di chiamarsi Omero
o Tiresia o Ray Charles;
crederesti che quelle voci
dilatate, vaticinanti
possano far volare il mondo
fuori dalle orbite.

003_ariane 02 180

Anna samaritana
Anna sogno a occhi aperti
Anna luce che scivola
sul dorso del mare.

Anna patrona degli innamorati
che perdono il senno
per potersi salvare.

004_ariane 05 180

Nella tua forza vitale
c’è una strana dolcezza
senti-fisica
e senti-mentale.

Una risorsa nobile
generosa, argentina.

Marianna fontana
grotta preziosa
tagliata a picco
(come un diamante)
nel mare.

Marianna onda marina
che si rotola
(dolce ansiosa
morbida silenziosa)
nella spiaggetta intima
di un’isola.

005_ariane 04 180

Marianna madre e figlia
santificatrice della gioia
santuario della verità
albergo della vita.

Marianna dentro e fuori
(riso e pianto)
Marianna saliscendi
(leggerezza e peso della vita):

Marianna
tra tutte le donne-città
potresti essere Genova
tra tutti gli oceani-femmina
il Mar di Liguria.

Marianna
grotta, spiaggetta, ninfa
vestale, ambasciatrice
piuma senza cappello
amica come
solo lei sa.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 28 avril 2014

TEXTE EN FRANÇAIS

CE BLOG EST SOUS LICENCE CREATIVE COMMONS

Licence Creative Commons

Ce(tte) œuvre est mise à disposition selon les termes de la Licence Creative Commons Attribution – Pas d’Utilisation Commerciale – Pas de Modification 3.0 non transposé.

Una cronaca per Gramsci, la poesia di Mario Quattrucci

27 dimanche Avr 2014

Posted by giovannimerloni in il ritratto incosciente

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Antonio Gramsci, Mario Quattrucci, Pier Paolo Pasolini, Roma

Introduco oggi, per la prima volta nel mio « panorama poetico », un poeta italiano, Mario Quattrucci.
Un personnaggio che « viene da lontano », sia come artista (egli è anche pittore) e poeta-scrittore, sia come uomo politico che ha ricoperto incarichi importanti nella pubblica amministrazione e nell’ex partito comunista a Roma e nel Lazio.
Da molti anni lontano dalla politica attiva, soprattutto dopo il suo trasferimento a Fiano Romano, Quattrucci si è dedicato interamente alla scrittura e alla vita letteraria, dando vita a una vasta serie di iniziative, tra cui il Premio letterario Feronia — con Stefano Paladini e il compianto Filippo Bettini —, diventato col tempo una importante occasione di incontro e diffusione della poesia e della letteratura italiana, con una significativa apertura per gli autori stranieri.
Devo la conoscenza e l’amicizia di Mario Quattrucci a un amico comune, Angelo Zaccardini, recentemente scomparso, che frequentavo all’epoca della libera professione per questioni urbanistiche nel comune di Capena, vicinissimo a quello di Fiano. Zaccardini mi propose un giorno di incontrare « il poeta ». Nel suo modo di dire « il poeta » c’era certamente una stima grande e sincera per l’amico Mario. Ma c’era anche una sfumatura di ironia piena d’affetto.
Mario Quattrucci ama la Francia. Questo amore appare evidente se si considera il nome e le abitudini del suo personaggio più illustre, il commissario Maré, che anima una serie di romanzi polizieschi molto seguita.
Per fare conoscere ai lettori francesi il poeta, ma anche l’uomo in tutte le sue molteplici sfaccettature, ho scelto, tra le numerose opere in versi di Mario Quattrucci, lette in diverse epoche, un testo molto originale e in qualche modo unico nell’ambito del suo lavoro.
« Una cronaca’ per Antonio Gramsci non è soltanto un bellissimo poema-epopea. È anche la testimonianza di chi ha vissuto drammaticamente, e dall’interno, l’alterna inflenza del pensiero di Gramsci sulla vita politica italiana. Come Pasolini — che si rivolgeva a Gramsci per reinterpretare la società italiana negli anni sessanta-inizio settanta —, Quattrucci si interroga sul destino dell’immenso patrimonio rappresentato dalla sinistra italiana, ora in via di dissoluzione, di cui Gramsci era il simbolo e il principale « fondatore » (oltreché il più rispettato). Un patrimonio che riguarda almeno tre generazioni di uomini e donne che hanno creduto nel socialismo sempre lottando per difendere la giovane democrazia e le istituzioni repubblicane nel nostro paese.

001_la descente_bis 480

Mario Quattrucci

UNA CRONACA, per A. G.

(Un poemetto in forma di prosa, lo ha definito il suo autore. Poggiato su un ritmo da dolente meditazione, eppure celato, spezzato, perfino negato, da ricorrenti inversioni, soprassalti, cesure, dissonanze sintattiche e armoniche. Come era richiesto, o così fu inteso, dalla dolorosa e faticosa riflessione sulle tragiche nostre aporie: nostre individuali, nostre della nostra storia comune.)

Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età,
perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini,
quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo
in quanto si uniscono tra loro in società
e lavorano e lottano e migliorano se stessi
non può non piacerti più di ogni cosa.
Ma è così?

Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, CCXIII, (a Delio)

002_gramsci_fond nenni 480 I
[ancòra]
solo ciò che perdura. (e qui il crepuscolo che invioletta
i vetri? il cielo che si ripiega a stingere
il rosso delle mura?). ma non risuona (più ─ ancora)
la frattura il battito. tornano dopo un’era i nomi
i rumori dei passi tutto è fuori
della definizione cieco alla teoria perso nel bollore
della vita. e sia (se poi la vita è un ardere). ma nulla
s’infutura se la scure al ceppo alla radice
e multipla non si pone la distesa mano
se non misuri il meno il senza il divenuto
inutile lo sguardo perso nello specchio
o il pianto riversato: assilla la domanda inquieta.
inutile il sussurro rapido di labbra
nei consessi né i gridi né torna il verso
del concetto nudo stilo dell’intelletto pratico
prodotto dell’uno analizzante e del plurale moto.

solo ciò che perdura. opporre al dato nuova negazione
e norma che sa la negazione forma
che è necessità ma non bastante
(l’essenza è nell’insieme dei rapporti eccetera…)
ed invariante in tempi di rovesci. mercificati.

solo ciò che perdura. ed un pensare acuto
che torni a interpretarlo questo astuto mondo
e con pazienza ancora grado a grado
il movimento in re che gli ordini trasmuta.

003_Gramsci giustizia e libertà 480 II
[il prigioniero]
ma lui
che poteva sapere adesso immaginare (il tempo
fermato il tempo precipitato) oltre la bocca di lupo
nei riquadri stretti della luce barrata
che poteva udire (il tempo senza futuro senza passato)
del brusio delle sere che poteva di là
da quel bianco dei muri? solo
tetti assiepati stretti riverbero screziato o forse
anche un fiotto di mare anche un verde
di memoria ─ olivi (il tempo solo memoria) pascoli
carrubi ─ o forse solo
uno squincio muro perenne anch’esso bianco
di calcinata luce meridionale.

spazio di metri due per tre una branda una
panchetta di legno e il male gli sgretolava le ossa
i denti perforava i polmoni il gelo tenebroso
di quegli anni di quel mondo così terribile e grande
il gelo (il tempo rovesciato) di sapersi escluso eppure:
io penso che la storia ti piace come piaceva a me

004_gramsci orgosolo iPhoto 480Murales di Orgosolo, foto Catherine Develotte

III
[falsa progressione]
la nostra storia. dicono di città
che attraversammo il sapido del secolo le notti
laboriose i giorni così abbaglianti attese
della grand soirée dell’unico
fiato liberatorio scarlatti pomeriggi a quel sicuro
vento forti i muscoli rifiorenti le guance
smemorati del sangue dell’inganno persi
anche noi nel bosco (d’iniquità di sogni) ma come
dove tenevamo le sue parole la sua vista
spinta così per tempo oltre l’insania
di una pietosa religiosa norma?
perché non in tutto e solo dall’aperto lato solo
per necessità dell’agire condizione intuito?
e fu un bene per noi salute
per noi per tutti anni fecondati ma anche
quanti mai decenni quante innecessarie cadute
perdite e ora nel rovello (religio depopulata)
lo ritrovammo? lo ritroviamo? quasi un occulto
tempio un drappo lacerato.

005_lettere dal carcere 480 IV
[l’incontro]
da poco nato quando lui nel giorno
fangoso lui disfatto senza nessuno a un’ombra
fredda di muraglioni umida celato quando
quando l’avrei incontrato? e come? ed era
in qualche luogo scritto?
non lui persona il suo figliolo musicista un giorno
il suo fratello sopravvissuto quale colpo
volti così evocanti così simili l’uno
a quell’immagine vanescente di lontana
persa consorte l’altro a lui come appare
in quella foto di Formia quale
insostenibile stretta attorno ai polsi alle tempie.

ma lui per altra via per uso di parole per quelle
lettere quei quaderni ardenti brulicanti
a segnare la vita a volgerla in un solo
verso questa mia insignificante esistenza eppure
un po’ significante anche lei a ragione di quelle
sue così forti ragioni così immensi pensieri.

006_Gramsci_Pasolini 480 V
[frantumi]
come furono gli anni? ora so che è un’altra
l’aspra contraddizione altra
dove scendemmo per misurare immagini
o salimmo dove ci conobbero i giorni. ora
so la frattura e sebbene con lui con lui nel cuore
in luce ed anche (come fu) con lui nelle buie viscere
so. ma anche il non sapere è esistere
qui dove ascende (sordo) il tramestio dei vivi
persi feroci (o spenti) nell’ascesa e dove lei
la classe meno apprende e si scompone e solo
a sé offesa smemorata attende. sola
nella spietata grascia di città che montano
s’intorbida con l’aria l’occhio si frantuma
la sua secolare coscienza.

è il mondo che in frantumi in vortice ci sfugge
quanto più cercammo delle cose un senso
unico quanto più credemmo a un fine volto
al regno (spento alla fine il regno
della necessità) nuovo dell’uomo volto
per storia ineluttabile il mondo. né sento
che l’attesa potrà mai più rendermi (e rendere)
una vigilia il fioco apprendersi d’un barlume.
e non per una loro finis historiae o per la quiete
candida del mondo: ma perché ferrigno
con spigoli di pena passa il mille
novecento novantuno e vanno
precipitano insieme col millennio
gli anni.

000a_Piero,_flagellazione_part 1 480

VI
[la flagellazione] (1)
convenerunt in unum.   e da lì discosto
─ serrato in bianche architetture in ferree
prospettive vincoli solenni multipli
della ragione architettante al centro
del palazzo innanzi al trono indifferente
complice al mandante ignoto (ma
ne conosci le vesti il portamento) sotto
al braccio dell’idolo (proteso
l’ideologico braccio il globo nella mano)
da luce d’altra fonte illuminato ─ l’uomo:
il povero Cristo il flagellato irriso l’ecce
homo guardato sorvegliato a vista in spine
incoronato e sempre in ogni tempo figlio
del suo sociale umano ed istorico stato.

ma chi è qui in primo piano sul piano cioè
che primamente coglie il nostro
occhio contemporaneo il giovane sbiancato
di imminente morte chi è se un’immanente
morte lo tiene vanamente angelico e dotto
non sensibilmente veduto non presente
corporalmente e quasi ignudo
nella sua rozza tunica amaranto
scalzo come si addice a un’anima a una nuda
memoria a un richiamo d’affetti chi questo giovane in cui
malgrado le nostre rughe e gli anni così evidenti
del nostro corpo della nostra caduca mente
ci sentiamo ritratti tu io che guardiamo e tutti
noi che nascemmo in quel vicino mille
e ottocento quaranta o meglio quarantotto o forse
più verosimilmente nel mille novecento e ventuno
e dunque ancora sul limitar già tratti
a una storica morte tu io uno
qualunque di costoro che nascenza o scelta
ai flutti di ferro di passione nei marosi
e secche del secolo ventesimo gettarono?

non parla né sente non può intendere (se anche
ascolta seppure attende
che scenda ancora da parole un chiaro
un fiotto di futuro) è solo è bianco nel suo puro
esserci non essente (un mito) al centro
dei gravi convenuti.
l’altro a sinistra il saggio in abiti solenni
invita: dirumpamus vincula ma guarda
grave fisso anche lui nel punto che oltre il tempo
fuori da quel suo spazio (e nostro) si raggruma

000_Piero,_flagellazione_recadrée 480

VII
[da ciò che in noi]
ma siamo in questo luogo, in questo tempo, qui
la nostra vita ha un senso: qui dunque l’animo
di nuovo ad ascoltare, a intendere, a quella
fatica che ogni pianta richiede.   e ancora
─ e anche se lo grava il tormento di sotto ─
ancora, qui, da ciò che in noi perdura,
ricominciare.

Mario Quattrucci

009_quattrucci 02 rect 480
Il Secolo Breve moriva. Nel 1991, precisamente. Quando l’alternativa storica cedeva e anzi ignominiosamente crollava. Dopo la caduta del Muro il dissolvimento dell’URSS. E lì, e in tutto l’Est, la restaurazione feroce del più selvaggio capitalismo finanziario.
Chi, dal 1956 in poi, rimanendo nell’alveo della Rivoluzione d’Ottobre, e in Italia nel Partito Comunista, aveva sperato in, e lottato per, una nuova rivoluzione democratica e socialista la quale, abbattuto lo stalinismo, ne superasse in un tempo non secolare, un tempo di decenni, le conseguenze storiche sociali e politiche; chi aveva sperato in, e lottato per, la ripresa del cammino verso quella nuova organizzazione della società e quel nuovo mondo di libertà e di giustizia di cui erano le premesse nel grande evento del ’17; chi aveva sperato in, e lottato perché la storia potesse ricevere una nuova spinta propulsiva; quegli ostinati marxisti gramsciani (benché sempre animati brechtianamente dal dubbio) che noi eravamo stati e ancora eravamo, apprendevano (senza più dubbi) non essere il loro che un sogno. O, se si preferisce, un’eroica disperata speranza.
Complice il tempo, l’umano tempo della vita personale che scorre e volge al suo compimento, alla generazione che aveva retto con tenaci certezze ai tragici marosi e alle feroci ragioni di fedi feroci del secolo grande e terribile, non restava che prendere atto della catastrofe e darsi ragione, una qualche lancinante ragione, di come sparisse nel vortice aperto dalla sconfitta il sogno e l’attesa di una vigilia… e perfino l’apprendersi di un pur fioco barlume.
Ripensare Gramsci, o meglio riandare all’incontro con Gramsci, diveniva allora il modo per rivelare a se stessi l’errore, il vizio assurdo, le ragioni della sconfitta storica che si stava compiendo. E, allo stesso tempo, rivalutare e rivendicare a ragione la propria non insignificante esistenza fatta di lotta ideale e sociale, e di prassi politica, nel segno di Marx e di Gramsci. E, forse, mutato ciò che andava mutato, il perdurante valore di quella filosofia della prassi.
Per giungere alla necessità ─ posta l’insuperata, anzi smisuratamente maggiore, iniquità del mondo sotto il globale dominio del capitalismo finanziario ─ di riprendere l’analisi e, da ciò che perdura, ricominciare la lotta, ridare vita al movimento. Per abolire lo stato di cose presente? Ma non è questa, fuori da ogni abiura di debole pensiero, secondo il suo fondatore, la sostanza del socialismo e la sua necessità?
Speranza contro ogni speranza? Può darsi. Ma noi per speranza non abbiamo che il fare: né la pur umana paura può indurci a gridare Elì, Elì, lemà sabactàni.

Mario Quattrucci

(1) La flagellazione, si rifà al capolavoro di Piero della Francesca che è nel Palazzo di Urbino, allegoricamente letto alla luce delle scoperte e interpretazioni che ne dà Carlo Ginzburg in Indagini su Piero.

Traduzione di questo articolo in FRANCESE

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première publication et Dernière modification 27 avril 2014

CE BLOG EST SOUS LICENCE CREATIVE COMMONS

Ce(tte) œuvre est mise à disposition selon les termes de la Licence Creative Commons Attribution – Pas d’Utilisation Commerciale – Pas de Modification 3.0 non transposé.

Caro mondo, 2014 (Zazie n. 11)

21 lundi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Zazie

001_joli monde001 180

Caro mondo (2006)

Caro mondo
sfiorato dai viaggiatori
inghiottito dalle nuvole
strapazzato dall’acqua e dal sole.

Caro mondo
incomprensibile bengodi dei balocchi
incorreggibile covo di ingiustizie
a chi troppo a chi zero via zero.

Caro mondo
unico e raro
e tanto caro
letto di Procuste
filo spinato
campo minato
ma anche prato
dove ha amato il soldato.

Caro mondo
dipinto su uno sfondo
colorato e fecondo.

Caro mondo
che si diverte un mondo
che riflette, in fondo
che talvolta va a fondo
in un pozzo senza fondo.

Caro mondo
biondo, immondo
(siamo sicuri che è rotondo?)
caro mondo iracondo
dove piuttosto mi nascondo
dove piuttosto affondo.

Caro mondo
dai tombini d’acqua sporca
risorgono stuoli di morti in fila indiana
tutti per mano come figurine di carta
insieme a topi e gatti e altri randagi.

002_joli monde002 180Cara terra
Inghilterra, Canberra, Volterra
si sferra un’altra guerra
cara terra che mai si afferra
dove il mio cuore si rinserra
dove la mia voglia si atterra.

Caro mondo di terra
se sorpasso Gibilterra
la paura mi afferra.

Cara acqua
sono un pesce fuor d’acqua
un lavandino che sciacqua
cara acqua che scialacqua
dove il mio vino si annacqua
e se non piove stracqua.

Caro mondo d’acqua
l’innocente portaacqua
finirà a pane e acqua.

Caro fuoco
incendio fioco, fatuo gioco
fuoco roco che dura poco
caro fuoco promosso capocuoco
dove brucia il pungitopo
dove muore il mio scopo.

Caro mondo di fuoco
ogni bel gioco dura poco
il mio letto brucia fioco.

Cara aria
Aulularia, Solaria, Bellaria
l’aria è bella perchéè varia
cara aria sommaria
dove muoio di malaria
dove il pino fa buon’aria.

Caro mondo d’aria
respirando come un paria
la mia vita è meno varia.

Cara luce
perla rara che brilluce
spaventapasseri e Polluce
cara luce che seduce
mentre fai lo sguardo truce
mentre io ti amo in nuce.

Caro mondo di luce
quei due corpi in controluce
non son oro che riluce.

Caro silenzio
Massenzio, Crescenzio, Terenzio
un ronzio turba il silenzio
caro silenzio tra fumi d’assenzio
tra le tue braccia sono Fulgenzio
tra le sue braccia sono Prudenzio.

Caro mondo di silenzio
viola violino violenzio
è bell’e finito il buonsenzio.

003_joli monde003 180Caro mondo
immondo, giocondo
furibondo, anacondo
caro mondo giramondo
dove non c’è mai fondo
dove niente è profondo

Caro mondo di terra e di luce
Caro mondo di acqua e di fuoco
Caro mondo d’aria e di silenzio
Fulgenzio seduce Bellaria
Scialacqua fa il finimondo col Cuoco
Polluce afferra Gibilterra.

Caro mondo girotondo
Caro mondo profondo
Caro mondo senz’aria e in controluce
Caro mondo biondo
Caro mondo sott’acqua e in silenzio
Caro mondo ti confondo
Caro mondo di cielo e terra
Caro mondo tutti giù per terra.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 21 avril 2014

TEXTE EN FRANÇAIS

CE BLOG EST SOUS LICENCE CREATIVE COMMONS

Licence Creative Commons

Ce(tte) œuvre est mise à disposition selon les termes de la Licence Creative Commons Attribution – Pas d’Utilisation Commerciale – Pas de Modification 3.0 non transposé.

Per racimolare un senso compiuto a questa speranza, 1975 (Ossidiana n. 34)

16 mercredi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Ossidiana

001_poesia di rinforzo IPhoto 180

Per racimolare un senso compiuto a questa speranza

1
Anche questa mattina
prendo appunti
per racimolare un senso compiuto
a questa speranza.

2
Malaga, pistacchio, crema
rhum
un enorme iceberg
rotolato da un secchio
d’argento
impalpabile ghiaccio
colorato
che si scioglie nel sapore
di un bacio marino.

Un gelato
per disgelare
per sciogliere come un soffio
il tramonto.

3
Tu sei come me
io sono come te:
io ti cerco
tu mi sfuggi;
però
quando tu mi cerchi
io resto.

4
Nella fantasia ho proiettato
l’inquietudine
la povertà, la rabbia
contro l’indistinta repressione.

Nella fantasia ho srotolato
le tele dipinte
delle nostre
assonnate villeggiature
delle nostre invincibili passeggiate
tra l’erba e le rocce.

Nella fantasia ho ritrovato
secche espressioni
di bisogno, di sgomento
personaggi sdoppiati
che camuffavano
i loro diversi possibili destini.

Nella fantasia eroica
la solitudine dolorosa
è la morte
e il ballo
del tuo gioioso abbraccio
è la vita.

5
Non teorizzare se vuoi vivere
non fare schemi
non disegnare parentesi
non collezionare foglietti
e appuntamenti
se vuoi essere felice.

6
Uno due e tre
ed ho finalmente rotto
quest’inutile filo
che mi lega alla vita.

Uno due e tre
e volo sott’acqua
leggero leggero.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

I modi possibili, 1975 (Ossidiana n. 33)

12 samedi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Ossidiana

001_poesiam001 più nero 180

I modi possibili 

I modi possibili
per ricacciare dentro
anche questo dolore
per trasformarlo
come tu dici
in un fiore viola e rosso
in un linguaggio di festa.

I modi possibili
per non avere più bisogno
del tuo profumo
della tua magica
somiglianza all’amore.

I modi possibili
per descriverti dentro di me
come un personaggio in maschera:
gitana che ridi
nella festa degli altri;
donna che posi
pensierosa ed ombrosa
davanti ad un fotografo
pieno di cure per te;
donna che parli
sempre sottovoce
scandendo la musica dolorosa
di un viaggio che non faremo
di un abbraccio meraviglioso
che non ci sarà.

I modi possibili
per riavere la terra
e la fatalità dei sapori.

I modi possibili
per provare disinteresse
e inumana soddisfazione.

I modi possibili
per risollevare
questa mia vita
da questo piccolo
gigantesco insidioso
male.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Forse è il momento, 1975 (Ossidiana n. 32)

11 vendredi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Ossidiana

001_poesiam002 più nero 180

Forse è il momento

Forse è il momento
di fare chiarezza
tra la mia volontà
ostinata
di averti
e la tua angoscia
alle corde del ring.

Io vestito di lana a strati
goffo e ridondante
tu seminuda e smarrita.

Forse è il momento
di fare chiarezza
cosa c’è dietro
le mie lagnose parole-ritornello
cosa c’è dietro
i tuoi severi silenzi.

Forse non è poi
tanto vero
che io ti inseguo,
che “altrimenti muoio »,
perché invece
anch’io mi metto a nudo
e così
più mi spoglio
più mi vesto
più soffro più mi tempro
più mi sembra di sprofondare
più mi accorgo
invece
di essere forte
distaccato
pronto ad ammettere
che perfino io
posso capire
cosa è
per me
l’amore.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

 

Per dirsi ancora addio (Zazie n. 10)

10 jeudi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Zazie

001_dopo l'addio001 grigio 180

Per dirsi ancora addio (2007)

Sto svenendo
aggrappato lo stesso
alla vita.

Ti ho lasciato infinite volte
pur ossessionato dal tuo dolore
dalla tua rigidità nella penombra.

Mi hai lasciato anche tu
cercando di farlo distrattamente,
senza patemi.

002_moufle 180Perché, si sa, “la vita continua”.

La vita si avvita
scavando ulcere
moltiplicando stomaci,
esofaghi, pancreas.

Scopriamo
(pur nelle nostre
carnali distanze)
che intanto s’è fatto buio
piove sempre, a dirotto
sulle gambe doloranti.

003_douches 180

Ora la vita sono altre storie
le facce nuove
i beati dolori stranieri
scivolanti senza posa
oltre il vetro.

004_boulangerie 180

Ci viene a trovare, la vita
con le sue leggere carezze.

Ci trattano bene
anche se siamo estranei
in questo ultimo ospizio.

Nessuno sa
delle nostre parole
pulsanti di vita.

Dopo l’addio dei corpi
le anime si cercano
affannosamente
per dirsi ancora addio.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 7 avril 2014

TEXTE EN FRANÇAIS

CE BLOG EST SOUS LICENCE CREATIVE COMMONS

Licence Creative Commons

Ce(tte) œuvre est mise à disposition selon les termes de la Licence Creative Commons Attribution – Pas d’Utilisation Commerciale – Pas de Modification 3.0 non transposé.

La sola forza di un sorriso, 1975 (Ossidiana n. 31)

09 mercredi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Ossidiana

000_bologna quadro 180

La sola forza di un sorriso

Una grande scena invernale:
i passi di una signora elegante
attenta a non affondare
tra il fango e la neve;
duecento studenti
alitanti contro l’aria rarefatta
tra sguardi sgomenti, interrogativi
sul proprio ruolo
nell’esperienza di una piazza
vissuta in modo nuovo;
mille soldati morti
su un grande dipinto murale;
le coppie degli innamorati
intrecciate come sciarpe
appiccicate come sospiri gonfi
distratte e claudicanti
come fumi.

Un grande disumano distacco
dalle emozioni
dalle passioni, dai dolori.

La grande solitudine
dei giorni di sciopero
che ci fa assaporare
finalmente
la grandiosità delle chances
la meschinità
dei nostri umani impacci
il piacere tranquillante
del ritorno alle origini
alle difficili letture

all’ascolto di una canzone.

 

179_par la seule force 180

Canta, goffo uccellino
vola, vinci eroico
con la sola forza di un sorriso
l’ipocrisia di un corpo sfilacciato
la tenerezza
il bisogno
coperto di squame e profumi esotici
di una donna sola;

canta bocca ghignante
labbra seccate dalla insulsa fatica

002_chiostro monreale 180

canta parole in versi
riversa gli strumenti che puoi
nascondi come puoi
l’amarezza
la nausea, il vuoto sublime
di non avere ideali comuni;

canta volto scarno e attento
e dilata finalmente
fino a renderti insopportabile
l’esercizio
della più critica intelligenza
della più sarcastica ironia
della più fredda e lucida
calma

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

L’arte dell’incontro « fatale », 2007 (Zazie n. 9)

08 mardi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Zazie

001_art r. fatale 000 180

L’arte dell’incontro « fatale » (2007)

Terribile incontro
in un pomeriggio
navigante tra fangose memorie
scivolose sirene
abbracci slacciati
dolcezze spietate.

Terrificante sproloquio
a te a me stesso
ai nostri sempiterni
verdi e stanchi
osteoporosi inchini
alla vergognosa bellezza
che non si può toccare.

Territorio aspro
selvaggia gimkana di vetri e profumi
sorriso e rossetto
sfiorato da un gesto ritroso.

Terriccio sul mio corpo
precocemente dolente.
Nei tuoi sospiri negati
nella censura delle tue promesse
nello slancio castrato
dei tuoi sorrisi
tu prigioniera
io aviatore in partenza.

Proprietaria di pagode
di ombrose case de tè
dolcissima assaggiatrice
di aspre cicute.
Vorrei disperatamente lodarti
inchinandomi a te
e non, viceversa
(tuttavia, ai sensi, sulla base
della legistazione vigente),
a un capufficio di gomma.

002_art r. fatale001 180

Vorresti condurmi
indietro in un passato vitale
avvilito delirante smemorato
prolifico reattivo taciturno
passato passato passato.
Anche tu stai passando
qualche centimetro più indietro
su un aereo ponte di barche
da una riva all’altra,
pensosa.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Mi sono schierato, 1975 (Ossidiana n. 30)

07 lundi Avr 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

≈ Poster un commentaire

Étiquettes

Ossidiana

001_je m'aligne 180 NA

Mi sono schierato

Mi sono schierato
con uomini combattivi
a lavorare per disegnare
l’alternativa
nel ciclo discontinuo
nel conflitto perenne
delle cose:

non c’è lavoro
senza una lotta
senza arresti
senza un patrimonio
di tutti
senza società.

Mi sono schierato
con chi crede
negli uomini
nelle idee.

Mi sono schierato
contro l’ignoranza
contro l’arroganza
del potere.

Mi rifiuto di dichiararmi
organico
a una rivoluzione senza uomini
a un aggiustamento
armonico
fittizio
liberale
delle contraddizioni.

Mi rifiuto di parlare
solo per dissacrare
solo per scandalizzare.

Mi rifiuto di crearmi un’isola
per essere dimenticato
e assediato.

Sono a disagio
con le avanguardie
provinciali, libresche,

Ma ne ascolto la voce
che corre in senso inverso
contro le rapide
di una rovinosa caduta di tensione
di un livellamento mediocre
dei comportamenti.

Rinuncio ad andare
controcorrente
insieme ai disperati
di una élite sentimentale
che fila su una zattera angusta
volontaristica
con le pezze al culo
felice della sua vela
anarchica, disinibita
(di cui fanno benissimo a meno
coloro che producono
coloro che sfruttano).

002_figlio e padre def 180 IPhoto

Alla vigilia della battaglia
i compagni guardano la palude
il silenzio è tremendo
perché ancora troppo pochi
l’hanno capito:

LA RIVOLUZIONE NON E’
ANCORA
DI MASSA

Con le nostre case bruciate
(per districare le goffaggini
di una filosofia di oggi
un po’ di domani
un po’ di ieri)
il nostro sacrificio sembra quasi
una esecuzione sommaria
di cui la televisione non parlerà.

(Daranno la colpa
all’interruzione di un servizio
a una calamità naturale
all’assenza di campo).

Nessuno mai parlerà
di chi ha lavorato soffrendo
ferendosi le mani
rifugiandosi nel vino
nell’incapacità di amare
di capire gli altri
di intaccare la propria
scorza sonnolenta
o di fare leva
sui piccoli rituali della vita
per nuove conquiste
per nuove forze
per nuove lotte.

Nelle nostre discussioni
quante volte ci scopriamo
incapaci di indovinare
una verità comune?
incapaci di studiare
di scrivere e di leggere
insieme?

Ritorniamo stancamente
alle vecchie filosofie
alle storie dei profeti
ai personaggi carismatici
ai pellegrinaggi.

Ci fermiamo alla vaghezza
di amicizie diffidenti,
mentre il nostro dito viola
ficcato nella diga
arresta solo per un attimo
la meccanica ineluttabile
dell’amore tra le formiche
della guerra tra le formiche
del lavoro ricco di inventiva
(e privo di scienza)
delle formiche, della fantasia
grande come un formicaio
delle formiche.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

← Articles Précédents

Catégories

  • il ritratto incosciente
  • il ritratto incosciente di una tavola
  • poesie
  • racconti

Mots-clés

Aldo Natoli Ambra Anne Philipe Antonio Gramsci Auguste Renoir Battaglia di Valle Giulia Bologna Bonjour Anne Caramella Carlo Levi Carlo Marx Casalvieri Cesena Claudio Morandini Como Dante Dario Fo Destinataria sconosciuta Diario di sbordo Edward Hopper Emilia-Romagna Facoltà di Architettura Gabriella Merloni Ghani Alani Giorgio Muratore Giorgio Strehler Giovanni Pascoli Gérard Philipe Herbert Marcuse I Giganti della Montagna Isola Dovarese Italia Jean Genet Jerôme La Boétie Lettrici Luciana Castellina Lucio Magri Ludwig van Beethoven Luigi Pirandello Luna Marina Natoli Mario Quattrucci Massimo Summa Maurizio Ascani Mirella Summa Montaigne Napoli Nuvola Omero Ossidiana Parigi Patrizia Molteni Pierangelo Summa Pier Paolo Pasolini Pierrette Fleutiaux Prima dell'amore Prima di Bologna Radio Aligre Renato Guttuso Renato Nicolini Roma Romagna Romano Reggiani Rossana Rossanda Sara Summa Sogliano al rubicone Solidea Stella Stéphanie Hochet Testamento immorale Théâtre des Déchargeurs Tiresia Virgilio Zazie

Articles récents

  • Destinataria sconosciuta – Segni di sopravvivenza n.1
  • Tira a campare (Diario di sbordo n. 11)
  • Un Napoletano a Parigi/2 (Diario di sbordo n. 10)
  • Un Napoletano a Parigi/1 (Diario di sbordo n. 9)
  • A vederti volare (Zazie n. 48)
  • Una camicia bianca che ondeggia libera nel vento (Nel frattempo n. 3)
  • Un’anima sorridente (Lettrici n. 5)
  • Quel pomeriggio che persi la penna stilografica (Stella n. 32)
  • Stella, indice delle poesie
  • Istante blu (Lettrici n. 2)
  • Se un giorno si potesse rinunciare… (Zazie n. 43)
  • Il mio libro più bello lo hai scritto tu (Zazie n. 60)

Archives

  • janvier 2021
  • novembre 2016
  • septembre 2016
  • mars 2016
  • février 2016
  • janvier 2016
  • décembre 2015
  • novembre 2015
  • octobre 2015
  • septembre 2015
  • août 2015
  • juillet 2015
  • juin 2015
  • mai 2015
  • avril 2015
  • janvier 2015
  • décembre 2014
  • août 2014
  • juillet 2014
  • juin 2014
  • mai 2014
  • avril 2014
  • mars 2014
  • février 2014
  • janvier 2014
  • décembre 2013
  • novembre 2013
  • octobre 2013
  • août 2013
  • juillet 2013
  • juin 2013
  • mai 2013
  • avril 2013
  • mars 2013
  • février 2013
  • janvier 2013
  • décembre 2012

Copyright

I TESTI e le IMMAGINI pubblicati su questo blog
sono protetti da ©Copyright.
Non utilizzare le immagini o i testi
senza la mia autorizzazione, GRAZIE.

Pages

  • About
  • Indice delle Poesie pubblicate

Blogroll

  • giovanni merloni

Propulsé par WordPress.com.

  • Suivre Abonné∙e
    • il ritratto incosciente
    • Vous disposez déjà dʼun compte WordPress ? Connectez-vous maintenant.
    • il ritratto incosciente
    • Personnaliser
    • Suivre Abonné∙e
    • S’inscrire
    • Connexion
    • Signaler ce contenu
    • Voir le site dans le Lecteur
    • Gérer les abonnements
    • Réduire cette barre
 

Chargement des commentaires…