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il ritratto incosciente

~ ritratti di persone e paesaggi del mondo

il ritratto incosciente

Archives Mensuelles: juin 2013

TIex7_Venezia VII/VII

12 mercredi Juin 2013

Posted by giovannimerloni in poesie

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Testamento immorale

001_venezia capovolta 740

Venezia VII/VII (capitolo XI,15, Carrozza n. 5, Testamento immorale, p.169-170 Manni Edizioni, Lecce 2006)

(L’ultima volta)

Il treno scivola
come una slitta
sulla lagune;
i mattoni anneriti
del retrobottega veneziano
vorrebbero spegnere
l’entusiasmo.
Spunta il dubbio:
possibile
che al di là
di questo cupo sipario
ci sia davvero
(ancora)
Venezia?

002_biennale 740Venezia, Biennale 1976

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 10 juin 2013

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Venezia VI/VII (Testamento immorale n. 6)

11 mardi Juin 2013

Posted by giovannimerloni in poesie

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Testamento immorale

001_nuovo gelato def 740

Venezia VI/VII (capitolo IX,8-10, 14, 16, Carrozza n. 4, Testamento immorale, p.119-130 Manni Edizioni, Lecce 2006)

Benvenuta a Venezia
anche tu, bambolina
(scortata da tua cugina)
(in trasferta l’andazzo
è bandire il sollazzo,
mostrare al paparazzo
l’avvenuto sbarazzo
del fidanzato pazzo).

Ci sediamo al caffè Florian
tu ordini un airisc coffi [1]
io infantilmente rido
ripensando ai soffi,
ai graffi concessi a Pan [2]
negati a me.

Il nido resterà vuoto. Il Lido
passerà notti bianche
(le cugine son stanche
l’orchestrina sbarazzina
trascina il can can).
Le mie voglie in cantina
(morte a Venezia)
hanno ululato lo strazio
della partenza vicina
(io son Bogarde tu sei Tadzio). [3]

002_gio_antique 16 740

Tutta notte ho vagato
tra la stazione e il prato
dove avevo abbracciato
un miraggio amato.

Tra i tavolini e i piccioni
ho disteso i gamboni
canticchiando canzoni
e ingannando gli ormoni.

La mattina gelata
per me tu eri una fata
una bella addormentata
che si sarebbe arrabbiata
se l’avessi svegliata.

003_gio_antique 17 740

Al ritorno sul treno
di dialetti assai pieno
per l’amor nostro osceno
ritornava il sereno:
«Domani è lunedì
sarà un giorno di passaggio
di corteggio e di assaggio
martedì o mercoledì
sarò causa dei tuoi mali
di nuovo il cuore
di due amanti normali
ridarà ai genitali
un valore».

L’indomani della gita
la mia sorte è sancita
(la cugina è sparita
quell’altro alla partita):
dopo una patetica
morte poetica
ricomincia frenetica
la vita pratica.

004_gio_antique 15 740

Ci fu lotta
e ci fu premio
tra un treno perso
e l’altro. Ci fu
dolcezza
spensieratezza
irrequietezza
insana chiarezza
sana giovinezza
ci fu verità, sincerità
promiscuità libertà libido
libati calici
(io Alfredo tu Violetta) [4]
pomeriggi prelibati
sogni illibati
(magicamente
apparivi e sparivi
entravi gheiscia [5]
nel mio letto prestato
uscivi signora
nel viale tramontato).

Ci fu tra noi
aria di liberazione
(a volte ci siamo
librati a mezz’aria).
Ci fu la gioia, almeno.

Ma non fummo capaci
di scendere audaci
da quel treno alieno
che traversa, come in gita
una Bologna mai capìta.

Non sapemmo nemmeno
partircene a piedi
(io Charlot tu Marylin) [6]
verso ovest o est
né scoprire de best: [7]
«La via Emilia è infinita
se tu credi alla vita».

005_venezia 1994008 740

Nel treno lento
quasi immobile
che trent’anni dopo
viaggia nelle strade
di Bologna
resto fermo alla stazione
(chiuso come pane
raffermo, mogio
come pene infermo).

Di scatto si è aperta
la culiss [8] senza peso
di uno scompartimento
affollato e acceso.
Un braccio si sporge
mi obbliga a sedermi
nel posto vuoto
sul velluto grigio
davanti a una vecchia foto
di Venezia-cielo-bigio. [9]

Frastornato e abituato
non mi sono vergognato
di chiudere gli occhi
di tapparmi gli orecchi
con le mani.

006_scompartimento 740

Un bisbiglio continuato
m’ha del tutto risvegliato.
La donna che ho davanti
loda i rimorsi
e rinnega i rimpianti
(parla di corsi e ricorsi
di colloqui intercorsi
di domande da porsi
di difficili concorsi
e di tanti amici accorsi
per descrivere, a morsi
tanti fatti loro occorsi).
La vicina al finestrino
ascolta ma dice pochino
aspettando che il treno
cancelli la storia del mondo
col proprio rumore di fondo
regalando un sonno sereno
alla combriccola umana
che circonda Ossidiana.

Nascosto dal buio assassino
vedo davanti un’a uno
i tratti di quel figurino:
il collo e la spalla minuta
(sa che l’ho ri-conosciuta)
la borsa e la giacca
di moda davvero bislacca
il naso giusto, il volto vivo
gli occhi verdi come mare
i capelli abituati a parlare
la bocca capace di ascoltare
le mani di argentovivo,
(ancora una sorpresa
per la mia fronte distesa).

Addio Ossidiana
sfuggimmo all’agguato
ma non alla vita marrana
mangiamoci un gelato
di vaniglia e uva sultana:
un altro tunnel è passato.

[1]  “Irish coffee”.

[2]  Dio greco dei boschi, a cui l’amore non è mai negato.

[3]  In Morte a Venezia (1971), di Luchino Visconti (1906-1976), Dirk Bogarde interpreta Von Aschenbach, protagonista del film con Tadzio.

[4]  Protagonisti de La Traviata (1852) di Giuseppe Verdi (1813-1901).

[5]  “Geisha”.

[6]  Finale di molti film di Chaplin: due innamorati, di spalle, si avviano verso l’orizzonte.

[7]  “The best”: “il migliore”.

[8]  “Coulisse”: “porta scorrevole”.

[9]  Trasposizione a Venezia dei “cieli bigi” di Parigi.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 10 juin 2013

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Venezia V/VII (Testamento immorale n. 5)

10 lundi Juin 2013

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Testamento immorale

venezia V 740

Venezia V/VII (capitolo VIII,13-16, Carrozza n. 3, Testamento immorale, p.107-110 Manni Edizioni, Lecce 2006)

Tu tun tu tun
rallenta il treno
nel cielo sereno
quasi gelato e alieno.
Spingo fuori la mia testa
formicolante e mesta:
«Non scendo
magari proseguo
fino a Ferrara
o ancora, oltre il Po
mi prendo
(con sussiego)
una giornata rara
a Venezia, to’ mo’». [1]

E a te
Stella cadente
Stella matutina
mentre il treno riparte
(è giunta ora la mattina)
qui da solo, dolente
magari ti scrivo
una cartolina.

Andavamo in macchina
(perché avevi paura del treno)
sempre accompagnati
dalle canzoni eroiche
degl’Inti Illimani [2]
(c’erano ancora
le trojke  [3] e le balalaike [4])
(non c’era ancora
Gato Barbieri [5]).

A Venezia
dicesti «Aiuto!»
Ma io ero cocciuto
e privo di fiuto.
Una notte, seduta sul letto
ti allacciavi le scarpe
da uomo. Decisa
a guidare tu
la gondola blu
che aspettava giù.

Era Omas [6] la stilografica
che mi regalasti tu
(la persi, infelice
nella gita serafica
a Murano e Torcello).
Feci appena in tempo
a scriver BE-RE-NI-CE [7]
sul fiocco bianco e blu
(goffa e buffa cornice
al tuo lungo capello).

Stella a mezz’aria
precipiti bonaria
nel mio cielo turchese
alla Paolo Veronese. [8]
Stella a mezz’acqua
Venezia ti sciacqua
a pennello. Sconvolto
il tuo volto strano
(da modella di Tiziano [9])
è il perfetto simulacro
del nostro amor sacro
diventato profano.

La tua aria da folletto
(questo l’ha detto
Bonazzi del Poggetto [10])
ricorda Tintoretto. [11]
Ma il letto sotto il tetto
è il centro perfetto
del nostro diletto
(Casanova [12] e Canaletto [13]
ne avrebbero dispetto).

Giorgione-le-concert-champètre-1510 740

Giorgione, Concerto campestre (1510) (I pittori di Venezia nel XVIII secolo)

Stella a mezza terra
il tuo sogno mi afferra
i tuoi docili sguardi
converrebbero al Guardi [14]
il tuo che di maschiaccio
s’addirebbe a Carpaccio [15]
il tuo naso aquilino
appartiene a Bronzino [16]
la tua bianca carnagione
l’ha dipinta Giorgione [17]
ma la tua bocca in moto
è opera di ignoto.

Stella zucchereccanella
ti ho mangiata e bevuta
anche a tua insaputa
come panemmortadella
a una fresca fontanella.

Usciti dall’Accademia [18]
sul ponte ti abbracciai
tu che non eri astemia
dicesti: «Uniamo i guai!»
Risposi senza pensare
«Ho due figli da rifocillare»
ti rincorsi col gondoliere
ti persi tra le zanzare
mi lasciasti crogiolare
nel mio eterno pendolare
tra sognare e ricordare.

NOTE


[1]  Espressione bolognese: “beccati questa”.

[2] Gruppo di musicisti cileni esiliati in Italia dopo il golpe del 1973.

[3]  Slitte o carrozze trainate da tre cavalli.

[4]  Strumenti a corde molto diffusi in Russia e Ucraina.

[5]  Sassofonista di jazz argentino.

[6]  Marca di penne stilografiche.

[7]  Regina egiziana che sacrificò la splendida chioma ad Afrodite.

[8]  Paolo Veronese (1528-1588), pittore.

[9]  Tiziano Vecellio (1490ca.-1576), pittore.

[10]  Collega di Alfredo B.

[11]  Jacopo Robusti detto il T. (1518-1594), pittore.

[12]  Giacomo Casanova (1725-1798), scrittore.

[13]  Giovanni Antonio Canal detto il C. (1697-1768), pittore.

[14]  Francesco Guardi (1712-1793), pittore.

[15]  Vittore Carpaccio (1465ca.-1526), pittore.

[16]  Agnolo di Cosimo detto il B. (1503-1572), pittore.

[17]  Giorgio Zorzi detto il G. (1477ca.-1510), pittore.

[18]  Gallerie dell’Accademia, pinacoteca di Venezia.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 10 juin 2013

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Venezia IV/VII (Testamento immorale n. 4)

08 samedi Juin 2013

Posted by giovannimerloni in poesie

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Testamento immorale

001_fiocco bianco e nero 740

Venezia IV/VII (capitolo VII,6-8, Carrozza n. 2, Testamento immorale, pagg.96-99 Manni Edizioni, Lecce 2006)

Stavamo bene sul treno
del viaggio di nozze
ma Venezia quasi Svezia [1]
non faceva per noi
non valsero a nulla
le chiassose luminarie
sulle case ciacolanti. [2]
E tu, Nuvoletta rosa
ti ammalasti
per finta e per posa
ma alla fine diventasti
viola e nera
come una capinera.
Quand’andammo a Venezia
nel vagon-ristorante
il viaggio fu un’inezia
il tempo un istante
tu nuvola di gonne bianche
io nido di voglie mai stanche.

002_san marco cupole 740

Già dimenticato
lo schiaffo che t’avevo dato
appena fidanzato
ormai scordati
i tuoi capelli rapati a zero
il terrazzino nel buio nero
che solo a ripensarci mi dispero.
Felici o drogati
sposini o sposati
correvamo, avventati
tra bave di gelati
mescolando i fiati
in modi assai complicati.
Ma a Venezia di maggio
può fare assai freschetto.
Sul vaporetto
ti toccavi il petto
cercavi un solo raggio
di sole soletto
ma quel miraggio
ti fu interdetto.

003_gruppo part 740

Ti feci coraggio
da bravo sposetto
ma l’equipaggio
fermò il traghetto:
«Se vai a Campo
San Zaccaria
trovi in un lampo
la farmacia».
Tra sotoporteghi [3] e calli [4]
case di rusteghi [5] e sciacalli
rapinatori di sposini
e fotografi assassini
la nostra ritirata russa
fu una resa indiscussa.
A Rialto feci un salto:
non avevi più smalto.
All’Accademia sopra ‘l ponte
ti toccai la fronte.
Ai Frari visti i sintomi vari
chiamai i tuoi familiari.
Alla Scuola di San Rocco
scottavi come un ciocco.
Appena arrivati
a piazza San Marco
con accoglienze da sbarco
fummo festeggiati.
Nuvola fu curata
corteggiata, risanata
io, battuto in ritirata
ogni dì una passeggiata
dalla farmacia all’insalata.
Ero abituato, lo sai
a vagare solitario
fuori orario
lontano dal binario.

004_bella bizantina 740

A Venezia
quell’inezia di febbretta
quella stolta nuvolaglia
che ingombrava le scale
foderate di rosso
quel catarro verde
incollato alla bocca e agli occhi
mi diedero – toc toc –
uno straniero consiglio:
«Scendi, visita, perlustra
non subire i suoi blocchi,
affacciato al parapetto
fissa pur nella memoria
ombre e luci, senza fretta.

005_nicoletta 69 740

Lei rannuvolata ti aspetta
(schiacciata contro il letto
disattenta osserverà
la tua foto lustra)
(mentre picchiano i Mori [6]
crederà tuoi i rintocchi
e di star con te, là fuori
nella città coi fiocchi)».

006_venezia 69 part

Giovanni Merloni

NOTE


[1]  Per quanto appariva lontana da Roma.

[2]  Ven.: “che chiacchierano”.

[3]  Portici che lambiscono i canali.

[4]  Vie di Venezia.

[5]  I Rusteghi, commedia di Carlo Goldoni (1707-1793).

[6]  A colpi di martello sulla campana, i due Mori di Piazza San Marco scandiscono il tempo.

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 8 juin 2013

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Venezia III/VII (Testamento immorale n. 3)

06 jeudi Juin 2013

Posted by giovannimerloni in poesie

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Testamento immorale

001_venezia II sur VIII part_740

Venezia III/VII (capitolo VI,14, Carrozza n. 1, Testamento immorale, pagg.82-91 Manni Edizioni, Lecce 2006)

Un lontano ferragosto
nella confusione
della stazione
cercavamo posto
(io Mappata-d’ossa tu Pulce )
su due pachidermi freddi
allineati sulla stessa banchina
(tu andavi a sud:
c’era scritto NAPOLI;
io puntavo a nord:
c’era scritto WIEN )
(tu eri attesa a Procida
io a Venezia sconosciuto).
Sì, un ferragosto
carezzato dal vento
con un groppo in gola:
«E se la ruota
del Grandotèltermini
si mettesse a girare
vorticosamente
e così, dolcemente
mescolasse la gente
che-viene-e-che-va?
Magari al tuo posto
sul treno opposto
(almeno in agosto)
si potesse infilare
una sagoma similare
lunghi capelli da carezzare
e una mimica facciale
a te uguale!
Potrebbe il destino
una volta sbagliare
mettendo sul treno
con me l’originale?»

002_finestra 740

Parlavo, forse
(la voce spariva)
il mio treno parte
per primo. Alla deriva
nel vero mare
il tuo vagone
fende la schiuma
silenziosamente.
Mi sembrano piuma
i tuoi capelli nel sole
dolce la tua voce aguzza
che grida due parole:
«Venezia puzza!»

Il mio treno menomato
di futuro e di passato
scodinzola guardingo
di binario in binario
di scambio in scambio
e abbandona Roma.
Meno male, meno male
il no insopportabile
del treno che parte
è meno disperato
del mai più inesorabile
(senz’arte né parte)
di una telefonata
crudamente spezzata.
Sgarbato e assente
il treno mi sballotta
finché non trovo
(ostinato, spigoloso)
la posizione rara
nell’ingranaggio:
semimorto m’adaggio
nella culla-a-uovo
assaporando un viaggio
sorridente e pietoso
come un vestito nuovo.
«Ma chi mi consolerà?»
(ormai non posso più
saltar giù dal treno
tornare alla stazione
rabbiosamente strapparti
dal tuo ingaggio)
(ormai non farei
più in tempo. Tu
mi guarderesti sbigottita
dalla carrozza partita
anzi da un’altra vita).

003_colleoni part 740

Malamente dondolato
(ormai nei pressi
di Saxa Rubra)
mi sono ricordato
del tuo rosario d’ambra
trafugato la notte
che ti coprii di botte.
Incredulo e snervato
occhi e orecchie ho sgranato
scoprendoti in bocca
un’odiosa filastrocca:
«L’Italia è lunga
(un’elettrica prolunga
in mezzo al mare)
io imparo a navigare
senza di te, Alfredo
e senza il tuo corredo
di parole rare.
Tu ti ostini a viaggiare
(che mai si raggiunga
la meta del tuo andare
non ti sai capacitare).
Non saper aspettare
è la regola principale
per un essere animale
sgraziato e brutale
(come te, Alfredo
per questo ti cedo
ma non mi concedo).
Imprevista eccezione
è il tuo essere pensoso
impulsivo e spiritoso
il tuo treno fantasioso
(raramente)
fermo alla stazione.
Ti potevo aspettare
nel chiarore lunare
ma, scordata l’eccezione
e abbracciata la regola
hai avuto troppa fregola
di volermi abbracciare
in quella cabinuzza
in mezzo alle zanzare.
Dicevi: Voglio te
Ambra Ambrina Ambruzza
(nel giardino del re).
Non c’hai saputo fare
m’hai fatta spaventare
ma ho avuto l’ideuzza
di urlar senza esitare:
Ve-ne-zia puz-za!
Ve-ne-zia puz-za!
Ve-ne-zia puz-za!»

004_venezia ospedale 740

Ambrogetta
dispettosetta
tagliente come lametta
vaga come sigaretta
dal mio invito interdetta
(t’aspettavo stretta stretta
nell’ambulante cameretta).
Non sei venuta
(che disdetta).
Perché non t’ho costretta?
Perché non sei qui con me
invece di tanto parlare?
Avevi così fretta
di smascherare
il mio incerto andare
tra nord e sud familiare?
tra il mio essere
e il mio sembrare?
Mi convinco, Ambrezia
che amerò Venezia
per la puzza di fogna
nei canali d’estate
e ancor più Bologna
per le vie porticate.

La patria romagnola
(partita ahimé in orario)
si scopre fortunata
d’esser divaricata
dall’assai complicata
famiglia napoletana.
Ma in viaggio
prendo alla fin coraggio
non sono più l’ostaggio
della tua regola
né dell’eccezione.
Non provo io
ripulsa veruna
per l’odor di laguna
(un pretesto stantio
se avessi voluto
gettarmi nel rio
col mio amore fatale)
(capisco ora che eri
gelosa, più del normale
dei miei desideri).

Ambra-film
Ambra-aradam
Ambra-ra-ba-ci-ci-co-cò
testardo e bambino
solo e disperato
camminavo per Venezia
dal capriccio animato
di trascinarti aggrappata
docile e triste
come una cravatta
sgualcita dal vento.
Dedicavo a te sola
tutt’i giorni di tutt’un mese
i campi e le chiese
e quei ponti di pietra
e la voglia di bivaccare
di sdraiarmi con la cetra
e per finta suonare.
C’era sempre
un posto per te
tra le ombre ed il sole
sulla terra e sull’acqua
(torbido e stagnante
specchio gigante).
C’era un soffio
di vero mare
(uguale al tuo)
nelle notti solitarie
tra beati innamorati
(nell’ultima corsa)
verso il Lido.
Mi scrivesti: «Rido
leccando gelati;
dopo le luminarie
è uscita la luna:
giù alla Corricella
sotto la fissa-stella
‘o mare è ‘na laguna».

005_venezia nuova base 740

Ambriscola
t’ho giocato anche a dadi
a scacchi e tresette
quarant’anni lunghi e radi
senza più le tue mossette.
Preferisco guardar fuori
far scemare l‘emozione
ma si aggiungono bollori
e presagi di dolori:
«Sei tu che canti ‘sta canzone?»
«Maestro, se adesso
facciamo l’amore
e quarant’anni dopo
mi innamoro di te
come potrò colmare
questo tempo
inutilmente passato
sul binario dimenticato?»

Ambra sei un’ombra
felice o infelice non so.
Svegliato e accecato
dal primo sole non so
indovinare il mio stato
infelice o felice
(sparisce all’incontrario
saltando invisibile
sulle pietre bianche
lo strazio solitario
e davvero indicibile
d’esser stato gregario
credendoti imprendibile).

«Quando mi crogiolavo
nel dolore di perderti
non conoscevo altr’altalena
che il ronzìo cigolante
del ferro sulla scorza
grigiazzurra del mare».

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 6 juin 2013

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Venezia II/VII (Testamento immorale n. 2)

05 mercredi Juin 2013

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Testamento immorale

001_disegno 740

Vista la brevità dei versi di oggi, vorrei inviare ai miei lettori una raccomandazione. Innanzitutto, io non sono il solo ad amare Venezia et a considerarla la più bella città del mondo. Poi, ne ho parlato e sognato a più riprese. Del tutto banalmente, come per la maggior parte dei mortali, Venezia è stata per me la meta privilegiata di viaggi familiari, di viaggi di lavoro e culturali, il luogo del mio primo viaggio di nozze, ma ache di fughe segrete e inconfessabili, realmente vissute o immaginate…
E’ vero che nel febbraio 1965 ebbi l’avventura di incrociare Le Corbusier, mito assoluto per la mia generazione, mentre artraversava con i suoi grossi occhiali e il cravattino a farfalla piazza San Marco, inseguendo una perfetta diagonale.
Ma non è affatto vero che io abbia mai avuto degli incontri ravvicinati con Diva, personaggio mitico anche lei. Non posso d’altronde negare che durante la nostra coabitazione nel pieno della mia adolescenza, elle mi aveva suscitato delle vere e proprie nonché intense pulsioni alla sperimentazione amorosa.

002_diva 740

Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

E’ soprattutto per colpa dei miei sogni irrealizzati che ho intitolato « immorale » il testamento poetico di una vita dove l’entusiasmo, la goffaggine e la provvisoria mancanza d’attenzione non hanno mai sfiorato una qualsiasi cattiveria. È immorale dirlo?

Venezia II/VII (capitolo V,14, Carrozza Ristorante, Testamento immorale, pagg.72-73 Manni Edizioni, Lecce 2006)

Eravamo a Venezia;
di prima mattina
la famiglia dormiva.
Oltre il calle oltre il rio
la terrazza era in ombra
dell’Antico Pignolo: [1]
la ragazza di ramazza
carezzava le foglie
(un piccion punteruolo
le beccava i piedi).

004_susanna e i vecchioni 740

Tintoretto, Susanna e i vecchioni, Vienna Kunsthistorishes Museum

Fingevo di dormire
in un letto da campo
affacciato sul cortile
(unico scampo
al mio corpo virile).
Silenziosa Diva
strusciava la gonna
contro il muro
scorgendo ben duro
il mio risveglio impuro.
Per uscir sulle scale
ci doveva passare.
Chiusi gli occhi
Diva sollevò il lenzuolo
sospirando forte
e posò leggermente
la punta della bocca
sulla mia
(poi credo svenne)
(io persi le penne).

003_affiche 740

Giovanni Merloni

NOTE


[1]  Uno dei più famosi ristoranti di Venezia.

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 5 juin 2013

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Venezia I/VII (Testamento immorale n. 1)

04 mardi Juin 2013

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Testamento immorale

001_cortina arabi 740

Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

Venezia I/VII (Cap. IV Il va-e-vieni del signor Treno, da Testamento Immorale, pagg. 50-53, Manni Edizioni, 2006)

Per la mia famiglia stracittadina
priva di terra e di cantina
unico lusso fu villeggiare
(a Canazei e Cortina)
in prati freschi da respirare
e poi andare a visitare
sempre Venezia
(e non fu un’inezia).
Il treno
(tutt’uno nell’acqua)
appena arrivato
sul Canal Grande
già salutava Venezia
(ossequioso damerino)
con un bell’inchino.

002_venezia vaporetto 740

Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

Cavalcavo la valigia
sul mai-fermo zatterino [1]
ed ancor con ingordigia
m’affacciavo al finestrino.
E c’era quell’effetto
ancor sul vaporetto
vibrante tra le pietre
annerite e tetre.
Finito il su-e-giù
del frenetico treno
(zitta e ferma la ruota
del cercare alieno)
noi figli guardavamo
dall’albergo dell’Anzolo  [2]
il remo sciacquettare
tra le alghe all’angolo
del rio lagunare.
«Òhe, Òhe!» [3]
gridava da eroe
(piegato sul fianco)
il gondoliere bianco.

003_venezia gruppo 1 740

Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

A piedi per Venezia
(indecisa fila indiana
di vagoncini umani)
il crescendo di bellezza
culminava nella piazza
pullulante di piccioni
bandiere e suoni.
Impeccabile mio padre
sbrigativo e preciso
fotografava lo struscio
dei sortenti-entranti
dal botolante uscio
dell’Escelsior-Danieli [4]
mortalando [5], tra i veli
di quei lucidi cieli
le attrici in carne-e-ossa
i magnati alla riscossa
le persone strambe
le migliaia di gambe
le facce bronzate
ahimé rassicurate
dal grottesco successo
in fatto di sesso.

004_venezia piccioni 740

Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

Anche noi piccini
grazie ai mangimi
da dare ai piccioni
grazie ai gelati
leccati e colati
(e ai pantaloni macchiati)
giungevamo eccitati
da mille emozioni
a riva degli Schiavoni
dove, come spezia
si dissolveva Venezia
e nasceva ventoso
ma privo di aroma
il cielo minaccioso
del ritorno a Roma.

005_venezia campanile 740

Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

Giovanni Merloni

 NOTE


[1]  Imbarcadero galleggiante.

[2]  Piccolo albergo nei pressi di Piazza San Marco.

[3]  Clacson vocale utilizzato dai gondolieri.

[4]  Danieli Excelsior, grande albergo veneziano.

[5]  La foto resta ma i fotografati muoiono.

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 4 juin 2013

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