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il ritratto incosciente

~ ritratti di persone e paesaggi del mondo

il ritratto incosciente

Archives d’Auteur: giovannimerloni

Addio, 1976 (Ossidiana n. 68)

26 jeudi Nov 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

avanti bionda_modifié-1

Addio 

Addio, addio, addio, ciao
arrivederci
vorrei morire
vorrei essere già morto
vorrei non pensare
vorrei che la mia morte fosse notificata
a tutti i luoghi
che abbiamo visto insieme.

Addio
non era
evidentemente
logico amarsi
senza i ricatti, i regali
e i mille ostaggi dell’incertezza
senza il giudizio degli altri
e l’oste della malora.

La storia di questo amore
è la storia di un rischio
di un corpo frantumato contro il sole di pietra
di ossessionanti ricordi
del tempo defunto
che non può più parlare.

Mi ero affezionato al tuo mondo
al tuo modo
di manipolare gli oggetti
di dargli un nome.

Addio, eroina
io procedo senza di te
la mia impossibile gara stremata
contro la consuetudine
contro gli incrollabili tabù
del sud, del nord, dell’uomo.

Addio, avevi la testa e non le gambe
per essere la piccola Rosa Luxemburg
che io cercavo.

Addio alle speranze in comune
che da solo non so seguitare.

Addio, per molto tempo
quando sarò appena sereno
quando mi si apriranno degli squarci
di elegante verità
quando vincerò questa gabbia di stupore
e di angoscia
per entrare con circospezione
e amore
nei prati del mondo
mi sembrerà di tradirti.

Giovanni Merloni

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

TESTO IN FRANCESE

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Al mare, 1975 (Ossidiana n. 67)

25 mercredi Nov 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

jeanne moreau

Al mare

«Quando esplode l’estate la gente più nuda
è ancora vestita.» Tra gli aghi di pino,
nell’aria bruciata, l’impetuoso destino
vorrebbe spogliarsi della coltre dei passi.
Tu, leggera, vestita di foglie, carezzavi il mattino
La tua tunica crespa sfiorava i sassi.

Era luglio. Il vento violento del finestrino
ne copriva i rumori. «Quando esplode
l’amore somiglia all’estate
ma il suo nodo il sole non slega.»

Felice e infelice è il cammino su scale in discesa.
Tu cantavi parole, nervosa, scherzosa.
«Come è cupo l’amore che esplode su un corpo
che nasce alla vita. Alla vita che passa,
veloce e sottile come una canzone.»

Sulla spiaggia le donne
sparivano nei loro ombrelloni
tra un odore di alghe e conchiglie
rovesciate dall’acqua.
Tu lontana, con strani occhialetti,
triste e bella, scivolavi nel sole
eludendo il mio sguardo sperduto.

«Come è strano, la sera, tornare
tra le mura stantie della città maliziosa
odorosa di libri, lontana dal mare.» (1)

Giovanni Merloni

(1) Gita in una località balneare dell’Adriatico nel 1975. La città è Bologna.

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Un uomo in tuta potrebbe cominciare… (Luna, 1977)

18 mercredi Nov 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Luna

le mie cose colorato_96

Un uomo in tuta potrebbe cominciare…

Ci vorrebbe un balletto angelico e sornione
leggero, ma dentro gli odori appiccicaticcio.
Per invito le mie dame, i miei amici diversi
accorrerebbero domandandosi dove sono.
Se quel giorno non fosse perchè sono morto
se fosse un pomeriggio viola di brezza
e un ordinato disegno di cose
accogliesse l’assalto delle terre che ho seminato.
Quando potrò amare senza avarizia
senza ambiguità le mie cose
questa forza di cercare la vita salirà come viticcio
a conquistare il castello, i freschi giardini
le oasi di pace.
Ecco, un giorno come questo
mentre curo, attento, l’orto di un amore vero
mentre osservo senza angoscia i miei gesti
le mie irruenze, le mie stanchezze,
un uomo in tuta potrebbe cominciare
a scaricare nella strada, dal grande camion
le mie cose.

Giovanni Merloni

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 —  ISBN 88-86600-77-1

TEXTE EN FRANÇAIS  

 

Per le strade di una città, 1975 (Ossidiana n. 66)

08 dimanche Nov 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

rigoletto avalanches

Giovanni Merloni, Rigoletto (part.) 1991

Per le strade di una città

Per le strade
di una città
disegnata bianco su bianco
nero su nero
rosso su rosso
viola su viola

una leggera sfumatura
e poi la miriade
dei colori
e delle forme
e il movimento
e il rumore
e l’ebbrezza
e l’eccitazione

e la sorpresa
del tuo vestito
buttato
tra le stoffe del letto
dei tuoi occhi
verso la finestra
della tua bocca socchiusa
del tuo profumo
nel mio dolce sogno.

Giovanni Merloni

Da « Il treno della mente », Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

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Nel sogno c’è la vita, 1975 (Ossidiana n. 49)

16 jeudi Juil 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

avalanche 003

Nel sogno c’è la vita 

Nel sogno c’è la vita, la più piegata, nascosta
è trasognata questa vita del cuore sbandato
oppresso dai baci che riceve
da quelli che insegue.

Non c’è più terra sul mio vestito.

Anch’io afflitto sto volando
stupito colpevole mi osservo
quando mi incontro
nel magico destino delle due vie.

Ognuno di noi ha almeno due vite
due desideri opposti che non sa spiegare
due donne uguali che trova diverse
due donne diverse che vuole uguali.

Una donna mi saluta.
Ed è la morte, ma è la vita.

Un’altra mi aspetta.
Ed è la vita, ma è la morte.

Giovanni Merloni

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

Questa poesia è protetta dal ©Copyright.

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Dopo, 1975 (Ossidiana n. 48)

14 mardi Juil 2015

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Ossidiana

002_nu 180 - copieTableau del pittore ucraino Alexandre Dmitriev

Dopo (1975)

E’ entrato nelle narici
ha girovagato per i miei intestini
ha bruciato il mio sangue
è entrato nella mia pelle il tuo odore.

Ed ora questa sera sgomenta
ad aspettare che la nuvoletta si diradi.

Ad aspettare la muta calma
le voci degli altri.

Ad aspettare che i nostri amuleti
si tocchino tutta una notte.

Giovanni Merloni

I_femme

« La collina è distesa
e la pioggia l’impregna in silenzio. » (1)
………………….
« Domani nel cielo lavato dall’alba
la compagna uscirà per le strade, leggera
del suo passo. Potremo incontrarci, volendo. » (2)

(1) e (2) : Inizio e fine della poesia « Dopo » di Cesare Pavese, in « Lavorare stance », Einaudi 1934.

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Da « Il treno della mente », Edizioni dell’Oleandro, Roma 2000 — ISBN 88-86600-77-1

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Il tuo volto è il tuo nome, 1975 (Ossidiana n. 47)

13 lundi Juil 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

donna tra i manichini x blog_ter

Il tuo volto è il tuo nome

Il tuo volto è il tuo nome.
Le tue labbra, la penombra del tuo sguardo
la mia solitudine sono il tuo nome.

Sotto città bianche sprofondano
i nostri corpi di terra.
Nel silenzio è inutile chiamarti
è inutile cercarti nelle mille vie.
Gridare il tuo nome e il tuo volto.
Dall’alto campanile
il mio sguardo ti insegue
dentro al tuo labirinto di foglie.

Non ti afferra la vetrina di cose
che hai rigettato.
Non puoi trovarmi
Non ti vedo.

Ora questo tempo dissipato,
questo scacciapensieri di carte bianche
e il rantolo inutile
di questo corpo violentato sono il tuo nome.

Il tuo volto è il tuo nome.
Le tue labbra, la penombra del tuo sguardo
la mia solitudine sono il tuo nome.

Giovanni Merloni

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

Première publication 22 janvier 2013 et Dernière modification 5 juillet 2015

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Specchio di una casa di studenti, 1976 (Ossidiana n. 46)

11 samedi Juil 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

001_specchio_antique

Specchio di una casa di studenti

Specchio di una casa
di studenti
specchio di un’immagine beffarda
specchio della salute
della voglia di vivere
specchio degli itinerari
lungo le rotaie
specchio dei suicidi
dentro le botole di acqua sporca
specchio di un albero di glicine
che infrange
l’aria di ragnatela
di un recinto di mattoni.

002_specchio_antique

Specchio di un nuovo sorriso
di una mano tesa
di un corpo neutrale
specchio di una fiducia
rossiccia
di una barba spelata
di un album di famiglia.
Specchio della memoria
di momenti brutti come questo
di momenti belli
come questo
specchio della forza
dell’identità
della vita.

003_specchio_antique

Specchio degli spavaldi inchini
delle eterne litanie
degli abiti bianchi
di un profilo indiano
specchio di una lotta
che riaffiora affannosa
da una scultura di sabbia
da un prato di erba alta
quando si sta facendo notte
specchio delle nostre ultime parole
che inseguo da questo carcere
che studio
interpreto
accosto
invento.

004_specchio_antique

Specchio della mia morte
che mi è amica.
specchio della mia vita
che mi ha regalato
una folle saggezza
una mite irresistibile forza
uno specchio.

Giovanni Merloni

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Passeggiata, 1976 (Ossidiana n. 45)

11 samedi Juil 2015

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

passeggiata def

Passeggiata (1976)

Ogni scalino è di legno e di terra. I tuoi ricci
sono un buffo recinto al bel viso abbronzato.
A gran gesti racconti. Io, invece, sbilenco
a volte divento distratto. Nel prato ci sono
grigie statue, in rovina. Nel cielo di nuvole rosa
si rincorrono le ombre dei nostri corpi lontani.

Il cammino è un’alga distesa sulla terra del mare,
una stazione senza treni. Su e giù camminiamo
e impariamo il giardino. Ma non ne sentiamo l’odore.

E’ una buffa stagione, e non lascia l’inverno.
E’ gelato anche il sole. La città è sempre fuori
silenziosa e lontana. Il silenzio caduto tra noi,
tra le nostre parole, è una voce più cupa
e più fredda. Ma ci passa vicino, allegro di voci
il gruppetto di lunghi maglioni, che presto è sparito.

La mia donna tenace saltella sulla piccola ghiaia
mi accarezza ed ancora mi vuole insegnare la vita.
Anche lei non riesce a cantare, a vestirsi di cose.
Passeggiamo sul prato. E qui facevamo l’amore.
Solo ieri la collina era il sole. Il corpo era
un gesto largo, il sorriso inondava lo sguardo.

La città entra nella collina, col buio dei fanali.
Sul suo corpo angosciato si è addossata la notte.
Nel respiro di nuovi rumori il giardino è un saluto.
Sembra calma la coppia divisa e confusa. Domani
la città rapirà la mia donna, il suo viso abbronzato.

Giovanni Merloni

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

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“Rapsodia su un solo tema” di Claudio Morandini, Manni Editori 2010

15 vendredi Mai 2015

Posted by giovannimerloni in il ritratto incosciente

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Claudio Morandini

001_2010_cover_rapsodiasuunsolotema “Rapsodia su un solo tema” di Claudio Morandini, Manni Editori 2010

Una prima osservazione, giunti a circa metà lettura di “Rapsodia su un solo tema”- che si fa via via più avvincente – è che questo libro non sembra scritto da un italiano, e nemmeno dallo statunitense Ethan Prescott o dal suo compagno Carl Thalberg. E nemmeno da un russo, come il musicista Rafail Dvoidikov o da una russa, come la sua segretaria e assistente Polina. Una sorta di “spersonalizzazione” – che coinvolge il lettore, passando per la sua pelle, i suoi gesti e comportamenti -, insieme all’accettazione, forse, della mutazione babelica che ci conduce tutti verso una nuova e sconosciuta identità globale, sembra essere la scelta fondamentale dello scrittore Claudio Morandini, autore di questo romanzo di grande interesse, che merita un vasto pubblico di lettori, soprattutto al di fuori del solo, spesso disattento, contesto italiano. Questa scelta corrisponde, io credo, alla seconda necessità evidente di questo libro : dire la verità, raccontare la storia di un artista puro e geniale che sopravvive al sistema di potere sovietico, dire tutto in modo mai scontato o obbligato. Dire, inoltre, la verità sulla libertà presunta nella quale un musicista più giovane, mentre analizza l’oscuro dossier del mitico compositore russo, rivela al lettore e a se stesso quanto sia diventata difficile la sopravvivenza nel cosiddetto occidente libero, sregolato e postmoderno, che attraversa negli Stati Uniti una fase particolarmente problematica e disperata. Dire tutto ciò non è facile, ma Claudio Morandini ci riesce, grazie e soprattutto all’understatement con il quale l’io narrante parla e agisce. D’altra parte il libro contiene una terza sfida, quella di far ruotare ogni riflessione e ogni avvenimento intorno al tema musicale o per meglio dire alla musica tout court, questa idra a mille teste che offre allo scrittore la possibilità di raccontare anzi di ricostruire la verità – la verità di noi tutti e la verità dei nostri tempi – secondo molteplici registri e attraverso numerosi quadri. Egli scrive un libro che si suppone parli della rapsodia su un tema di Rafail Dvoinikov, un tema insistito, esclusivo e perfino ossessivo – che potrebbe essere inteso come la forza e la disgrazia di questo compositore. In realtà è l’autore stesso che struttura il suo libro nella forma di una rapsodia. La musica è dunque il vero protagonista del libro ed è anche il pilastro centrale che ne sostiene l’architettura, dalla prima parola all’ultima. Ma in questo libro c’è anche molto altro.

L’io narrante, il musicista statunitense Ethan Prescott, è un musicista assai creativo, allo stesso tempo  perfettamente integrato in un contesto, che lui stesso chiama “di nicchia”, dove è ormai autorizzato ad interessarsi di un autore russo molto anziano, pochissimo conosciuto in occidente, che ha conosciuto una giovanile riconosciuta grandezza ma non è stato poi capace di aderire supinamente alle richieste di un sistema di potere ottuso e sospettoso come quello sovietico dagli anni 20 in poi: “Dvoidikov, audace sul pentagramma, ha dovuto imparare l’arte di dissimulare il suo carattere, e fingere di essere un prudente esecutore di direttive altrui – senza riuscirvi mai, e in questo fallimento sta la grandezza della sua musica, che oggi possiamo leggere come uno dei massimi esempi di un’arte tanto prepotente da sfuggire allo stesso artefice” La storia di Rafail Dvoinikov, ricostruita gradualmente e attraverso una singolare molteplicità di piani narrativi – da quello minimalista e a volte concettoso dei diari di Ethan Prescott a quello emozionato e emozionante degli incontri a casa del musicista russo, in presenza della inquietante segretaria e interprete Polina; da quello delle proiezioni sul presente di possibili contaminazioni e tresche artistiche con la musica techno a quello dei resoconti di viaggio di un contemporaneo di Mozart e Gluck che ha l’ardire di frequentare auditorium e sale di incisione del ventesimo secolo – cessa ben presto di essere soltanto o soprattutto la storia dell’autore dell’”Antisinfonia”, o “Sinfonia numero zero” e di altre opere innovative. Non è solo Dvoidikov, con la sua vicenda terribile ma ostinatamente vitale, a battere su un solo tasto, o se si vuole su un solo tema. E’ lo stesso Ethan, catturato dal viaggio intercontinentale che lo catapulta su uno scomodo treno pendolare della Russia post-sovietica aprendo la strada di una dolorosa ricerca del senso della propria esistenza e di se stesso, è lui, insieme a Claudio Morandini, l’autore di una rapsodia su un solo tema, cioè di un canto complesso la cui fondamentale esigenza è quella di non perdere mai di vista l’importanza “centrale” della vita. Inevitabilmente, e per fortuna, l’artista stanco per questa incorreggibile “incomunicabilità” tra le proprie aspirazioni espressive e comunicative e il pubblico disattento e ostile – stanco altresì per la difficoltà di trovare degli interlocutori che non siano muri o voci sepolte in vecchi libri o antichi spartiti -, cerca e trova negli incontri importanti o occasionali che la vita gli procura una ragione per continuare, per insistere, per sperare. L’elemento nascosto di questo bel romanzo, è dunque nella natura tragica dell’io narrante, Ethan Prescott, la cui omosessualità, vissuta quietamente fino agli ultimi capitoli, diventa essa stessa la causa di una ancor più grave incomunicabilità, quella di non poter aderire a un sentimento contraccambiato. Ed è questo un risvolto costante nella vita di tutti noi, un anello fragile che ci fa immediatamente cogliere, da lettori, la drammaticità di un malinteso quando sono in gioco passioni profonde e sincere.

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Ritengo che Claudio Morandini, con questa dolorosa conclusione, che finisce per collocare la tanto glorificata musica-ragion-di-vita in una prospettiva di ridimensionamento. abbia voluto dire : Forse la gloria non arriva mai, la vera gloria non è di questo mondo, è una cosa che capita sempre agli altri, come la morte precoce. Lo dimostrano le eterne competizioni, le gelosie e invidie che da sempre hanno spesso offuscato grandi geni lasciando, almeno nella contemporaneità, il posto ai mediocri, ai venduti, eccetera. Ma, attenzione, se poi la gloria viene a cercare proprio noi, decide un giorno di corrispondere al nostro amore inesausto, alla nostra corte interminabile e irta di capolavori… bisogna essere pronti ! Poco importa se la gloria ci arride perché siamo bravi o siamo belli e affascinanti o per tutte queste cose insieme. Possiamo suscitare l’amore di qualcuno a cui abbiamo dedicato delle attenzioni. E la gloria, che nel libro si chiama Polina, si può innamorare, convincersi, essere pronta, desiderare di essere rapita, portata via, se non ancora, immediatamente, cavalcata. Ethan Prescott non può amare Polina perché è omosessuale. Ma la passione che ha scatenato in questa donna non può renderlo tranquillo. Si ripropone la distanza tra l’artista desideroso di comunicare e il mondo indifferente e ostile. Si spezza la più grande e incoercibile illusione della nostra formazione letteraria, forse non è più vero che « amor ch’a nullo amato amar perdona ». E si apre una ultima riflessione, totalmente ribaltata, dopo la lettura dell’ultima pagina prima della post-fazione. Forse siamo noi stessi la gloria, perché la gloria l’abbiamo sempre avuta. E se non siamo in grado di darla a chi ci ama non possiamo pretendere di averla da chi non ci ama.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première publication 1-4 septembre 2010 Dernière modification 15 mai 2015

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