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il ritratto incosciente

~ ritratti di persone e paesaggi del mondo

il ritratto incosciente

Archives Mensuelles: août 2015

Password : Prato

29 samedi Août 2015

Posted by biscarrosse2012 in il ritratto incosciente

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Roma

001_alpe di siusi 2003 180

Password : Prato

La notte scorsa, in mezzo a un sogno di ascensori che diventavano funicolari e di piastre urbane che si trasformavano in sotterranei a perdita d’occhio, mi sono detto, « PRATO », una parola capace di sprigionare, per me, la forza prodigiosa di dissolvere ogni bruttura ricacciandola sotto il cuscino.
Nel mio immaginario « PRATO » non è esattamente il « PRATONE » di cui parla Claudia Patuzzi nel suo ultimo romanzo inedito, « Non disturbare il mare ». Quando sogno un PRATO, infatti, io non muoio dalla voglia di assaggiarne tutte le erbacce né di graffiarmi le mani e i piedi al brusco contatto con le ortiche e le piante selvagge.
Il mio PRATO è un morbido tappeto ondulato, accogliente e ordinato come se ne incontrano per esempio sulle Dolomiti, all’altitudine di circa 1200 metri, lì dove comincia il bosco. Oppure una radura dove la luce ondeggia sospinta da una brezza leggera.
« Rotolarsi nei prati », ecco un piacere assoluto per me, lo stesso che « tuffarsi nella paglia o in uno specchio di mare blu ». Come « stendersi a terra » nella piazza del Campo di Siena o sui gradini del sagrato di San Petronio nel bel mezzo di piazza Maggiore a Bologna.
Che importa se nei prati dei miei ricordi innocenti ci si può imbattere nelle pozzanghere di escrementi e d’erba lasciate dalle vacche pascolanti ! Ci sarà sempre qualcuno che dirà « ecco l’oro dei campi »…
Dunque, se parlo di un Prato, è per fare allusione a un Prato verde. Una specie di antidoto poetico alle brutture del mondo : fino a quando l’uomo si manterrà capace di salvare e conservare « almeno i prati indispensabili », l’umanità resterà fuori da un vero pericolo…

002_1994 180

Ecco perché, nel 1994, quando creai la mia prima mail d’ufficio, io scelsi « prato » per la mia password.
Mi ero appena trasferito dall’assessorato ai Lavori pubblici a quello dell’Urbanistica. Mi avevano affidato la direzione dell’ufficio regionale che si occupava delle questioni urbanistiche del comune di Roma… Dalla vetrata del mio ufficio godevo della splendida veduta di un bellissimo Prato ondulato, in salita, costellato di pini e cipressi, curato alla perfezione, senza l’ombra di esseri umani e invece denso di animali visibili e invisibili. Questo prato faceva parte di un’area verde più vasta, che si ricollegava, più in là, all’immenso parco della via Appia Antica, principale « polmone verde » nel territorio a sud della capitale.
Mi recavo in questo ufficio attraversando Roma da nord-ovest a sud-est, quasi da un estremo all’altro : dalla Balduina a Tormarancia. Nel mio perenne stato di esaltazione e di stanchezza, questa traversata diventava ogni giorno di più un’avventura. La scoperta di ogni piccolo nuovo particolare — una scritta, un muro, un portone, un semaforo, un albero o un cespuglio aggredito dal gas delle macchine — mi obbligava a riflettere o, più spesso, a cercare una via di fuga.

003_il mio prato JPG

A nord ovest del parco di Tormarancia, i due edifici bianchi ospitavano nel 1994 gli uffici dell’Urbanistica della Regione Lazio
a Roma  

Non posso spiegare qui, oggi, la bellezza contraddittoria del quartiere di Tormarancia dove arrivavo, trafelato o indaffarato, al mio lavoro quotidiano. E non posso neppure fare un bilancio qualsiasi di quello che significavano per me, nell’insieme degli impegni da fronteggiare, le trasformazioni reali o invisibili che avvenivano sotto i miei occhi in questa particolarissima zona di Roma.
Non posso farlo, perché — su una mappa di Roma appropriata, aiutandomi con foto e un minimo di documentazione — dovrei spiegare fino in fondo le mie affermazioni e i miei sentimenti. Avrei dovuto raccogliere tutto ciò è conservarlo all’epoca del mio impegno di allora, per ricavarne ora una sintesi che non fosse noiosa e per di più incompleta.
Non l’ho fatto. Nel 1994 mi sono calato nella realtà politica e amministrativa di Roma senza spogliarmi del tutto della mentalità e dell’esperienza che avevo acquisito durante gli anni di Bologna. Pur facendo dei notevoli sforzi, non ne ho forse fatti abbastanza. D’altronde, era molto difficile agire in un contesto che non condivideva le mie stesse idee e convinzioni.
Durante i miei cinque anni di permanenza all’urbanistica sono stato sempre trattato con fiducia e rispetto. Ho potuto così avere la soddisfazione di qualche piccolo risultato, senza dover rinunciare ai miei principi e alla mia visione delle cose. Ma, indubbiamente, non ho mai avuto la possibilità di esprimere il mio punto di vista se non sotto forma di proposte corrette e di calorosi suggerimenti, condivisi peraltro da una minoranza molto esigua di persone sensibili.
Non si trattava di incapacità di questo o di quello. Avevo soprattutto a che fare con l’impotenza o la mancanza di volontà di andare fino in fondo e, soprattutto, di stabilire nuove regole più coerenti e vantaggiose per la collettività.
Non era dunque questione di persone. Di gente onesta e bene intenzionata ce n’era, questo è sicuro. A cominciare dal mio ultimo assessore all’urbanistica, l’unica persona al mondo che poteva assumersi la decisione di affidarmi la direzione, per due anni, dell’intero settore della pianificazione dei comuni del Lazio.
Roma avrebbe potuto e dovuto, più di tutte le altre città d’Europa, trarre vantaggio da una più rigorosa e lungimirante amministrazione delle sue immense risorse naturali e culturali. Ma non ha voluto e ha invece impedito, con ogni mezzo, che si facesse seriamente alcunché, che ci si mettesse al lavoro con la necessaria continuità…

004_mot de passe prato 180

Quando mi sono svegliato dalle peripezie verbali del mio « incubo urbanistico », la parola PRATO si era volatilizzata. Con questa parola era anche sparita la gigantesca facciata degli uffici di via del Giorgione, lo stesso palazzo dove Elio Pétri aveva girato «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» con il grande Gian Maria Volontè.
Aprendo Twitter, mi sono subito collegato con una persona che stimo: Laurence. Oltre a rilanciare ogni giorno espressioni e riflessioni piene di attualità di poeti e filosofi straordinari, Laurence « appende » al suo muro alcune frasi particolarmente efficaci e profonde. Stamattina, vi ho letto :

« … a volte, all’improvviso, resto stupefatto e ho l’impressione di essere solo ad accorgermi della stranezza di tutto ciò che ci circonda. »

Questa frase di Lambert Schlechter, uno scrittore lussemburghese molto acuto, esprime perfettamente lo stato d’animo che avevo al mio risveglio. Quante volte avevo colto questa « stranezza », provando a sensibilizzare il maggior numero di persone possibile, con la dovuta energia e insistenza! Nessuno ascolta nessuno, forse…
Oggi, leggendomi, voi avete sicuramente notato quale imbarazzo si produce in me quando inizio un sondaggio qualsiasi su questo momento cruciale della mia vita. Il fatto è che è difficile spiegare (anche a me stesso) per quale ragione avevo allora bisogno di sognare un Prato verde ! E come rimasi sorpreso, perfino interdetto, trovandolo là, a disposizione dei miei occhi per tutto il tempo che potessi desiderare, proprio là, nel luogo dove le contraddizioni dei nostri destini urbani e umani raggiungevano la punta massima della loro attualità e frequenza!
Questo spettacolo era riservato alle finestre orientate a sud-est, mentre tutte le altre dovevano scontrarsi ogni giorno con la banalità di una strada priva di fascino e gli scherzi di un traffico anonimo.
Ora capisco che questo prato verde, beatamente steso sotto i miei occhi in tutta la sua meravigliosa realtà, io non lo guardavo mai, non lo vedevo nemmeno. Né vedevo le piccole sfumature prodotte dalle innumerevole trasformazioni del cielo. Se mi affacciavo alla vetrata, non vedevo che questa Roma inafferrabile e indomabile, con i suoi Alti e Bassi, con i suoi abitanti per lo più rassegnati e contenti, soddisfatti del loro provvisorio benessere e perfino convinti di avere afferrato l’intimo sapore dell’esistenza. Assicurarsi questo benessere, questa vita « a parte e da parte ». Forse tutte queste persone che passeggiavano, indaffarate, sul marciapiedi alle mie spalle, avevano anche loro un Prato privato nelle loro teste. O invece nei loro computers. Un Prato passe-partout, per aprirsi al mondo oppure per chiudere a doppia mandata il mondo fuori da casa loro.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

Tu sei tutte le donne, 8 marzo 1975 (Ossidiana n. 56)

24 lundi Août 2015

Posted by biscarrosse2012 in poesie

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Ossidiana

001_toutes les femmes 180

Sauve (Gard), estate 2015

Tu sei tutte le donne

Tu sei tutte le donne
che abbracciano le mimose nella neve
e corrono incontro al vetro gelato
di una democrazia zoppa
infrangendo il muro
del consenso prefabbricato.

002_toutes les femmes 180

Sauve (Gard), estate 2015

Tu sei la donna nuova
che ha vomitato il conformismo
tra gli stracci in disuso
della retorica emarginata.

003_toutes les femmes 180

Sauve (Gard), estate 2015

Tu sei la quintessenza
della saggezza indiana
tu sei una strega
leggera e maestosa.

004_toutes les femmes 180

Sauve (Gard), estate 2015

Paladina incruenta
della distruzione del recinto
sei pronta all’attacco
contro le abitudini
che non ci fanno cambiare.
 

005_sauve 05 180

Sauve (Gard), estate 2015

Tu sei un graffio
sulla pelle abbronzata, un sorriso
nel viluppo di trasparenze colorate.
 

006_sauve 06 180

Sauve (Gard), estate 2015

Tu sei l’ebbrezza,
la passione straniera,
la nitida forma,
il deciso suono
di un nuovo rito
o di un mondo
di strane parole, che forse
sto imparando a capire.

Giovanni Merloni

Questa poesia è protetta dal ©Copyright

TESTO IN FRANCESE

Andirivieni (Zazie n. 32)

21 vendredi Août 2015

Posted by biscarrosse2012 in poesie

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Zazie

photo 03

Cascate della Cèze (Gard) 

Andirivieni

I
Avvilito
Nel corpo, appesantito
Dall’assenza di una parola vera,
In mancanza di nuovi pretesti
Rotola il suo piede sul filo dell’acqua.
In lungo e in largo
Va e viene
Inquieto, incerto, inadeguato
Esagitato dallo scandalo,
Non sapendo più come
Impedire il ritorno della verità.

001_cèze 01 180

Cascate della Cèze (Gard)

II
Asfissiato
Nella mente, annientato
Dall’evidenza di una sola parola viva,
In mancanza della pagina bianca
Rompe il suo gesto sul bordo dell’acqua.
In alto e in basso
Va e viene
Inafferrabile, indomito, incoerente
Elegante malgrado gli occhi stanchi
Non sapendo più come
Imbastire l’abito di una vera voglia.

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La Cèze (Gard)

III
Affranto
Nel cuore, ammaliato
Dal ricordo di una sola parola vera
In cerca d’oblio senza saggezza
Rivolta la sua ombra nel ruscello d’acqua.
In su e in giù
Va e viene
Immobile, inetto, illusorio
Entusiasta fino ai sandali
Non sapendo più come
Immortalare la vita.

Giovanni Merloni

Questa poesia è protetta dal ©Copyright.

TESTO IN FRANCESE

 

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