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Uno sguardo ambizioso al di là (Zazie n. 13)

04 lundi Août 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Zazie

001_un regard ambitieux a 180

Uno sguardo ambizioso al di là (2014)

I
Uno sguardo ambizioso
rimpallato da una vetrina
nel rimirarsi capriccioso
del mio cappello.

Una lunga passeggiata
quasi una scampagnata
ci accompagna, che facilità
giù giù nel cuor della città.

Intanto il marciapiedi
non la smette di mostrare
il volto tetro del quartiere,
il popolo senza mestiere
i disperati senza arte
né parte, i disgraziati
in disparte.

Intanto il metrò
non la finisce di strillare
vomitando folle
affaccendate
inghiottendo uomini
vestiti alla bell’e meglio
esibendo donne
appena svegliate, già stanche.

Fiduciosi avanziamo
aggrappandoci alla fortuna
alle piccole diversità
alle enormi differenze,
accettando, finalmente,
la contesa quotidiana.

Questo cuore immenso
che non smette di pulsare
è la città stessa. Un’ossessa,
l’invisibile guardiana
della nostra vita
intensa.

II
Che debbo fare
perché tu diventi
la mia città,
il mio corto o lungo
largo o stretto
marciapiedi
per arrivare di là?

Come posso
tranquillizzarti,
perché tu sia
davvero convinta
di porgermi una sedia
e di ascoltarmi, magari
distratta, mentre
rigoverni ?

Quante ferite, quanti
ricoveri, quante macchie
della pelle o dell’anima
debbo risuscitare
perché tu accetti
questo corpo ritardatario,
scampato per un pelo
a un’incresciosa disfatta,
questo cervello
saltellante,
che più non ricorda
dove ha mai messo i suoi
gloriosi trofei?

Cosa debbo esibire,
scavando nel passato
degli errori, delle private
virtù, perché tu inviti
(nelle tue sale di specchi
nei tuoi giardini frizzanti)
questo naufrago
della terra
ferma?

Quali accenti o tic
o gesti, quali pensieri,
quali sogni inconfessati
posso conservare
perché tu accetti
di rivolgermi la parola
magari camminando
sull’altro marciapiedi,
al di là della strada?

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Figlio, figlio (Roma, 1993)

03 dimanche Août 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Solidea

001_figlio figlio 180

Figlio, figlio (1993)

Figlio figlio
amoroso giglio
un’onda di schiuma gialla
mi annega e mi lega
i capelli e gli occhi;
un blocco di cemento
tra gli squali
mi trattiene e mi rivolta
verso il fondo.

Rassegnato mi arrovello
nell’impossibile decifrazione
di parole a ritroso.

Figlio figlio
mi aspetti spensierato
lassù sul molo di legno.
Addirittura fumando
masticando, sputando.
Ma sei proprio tu? Figlio mio
ambulante senza collane
piccolo Gobetti senza libri
sottobraccio.

Mentre io affogo
tu appena galleggi.

Figlio figlio
il sole ti ha regalato un sorriso
e anche tu hai ostentato
il labbro tremante
i denti bianchi
lo sguardo attento.

Una enorme prua di ferro
ha spezzato le mie catene
troppo tardi forse.

Troppo presto affioro
semimorto paonazzo
gonfio tra le ossa e il vestito.

Figlio figlio
mi portano con leggerezza
in un angolo sabbioso asciutto
dove è arrivato chissacome
il profumo di barche
delle vacanze, il ricordo
delle nostre dolci e goffe
passeggiate. Una canzone
ci carezza le ciglia
un improvviso sollievo
ci riempie le tasche
una piccolissima parola
ci ha salvato ora
si prende cura di noi.

La vita per noi
è un duro esercizio
un laborioso assedio
a roccaforti ben munite
è l’immenso sforzo
per cavarcela
dopo insopportabili
e incomprensibili
giorni di festa.

É il probabile rischio
di essere depredati denudati
rigettati indietro
oltre il bianco orizzonte.

Figlio figlio
però ci sorregge
l’affannosa rincorsa
verso isole leggere
lambite dal lento
materno sciacquìo
di un mare d’autunno
la bruciante rimossa attesa
di un invito al ballo
tra corpi ombre musiche
e viscerali silenzi.

Schiacciato rinnegato
vorrebbe rivelarsi
un disperato grido di rabbia
un gesto estremo
un geometrico balzo
che stracci i mille strati
di stoffa i mille vestiti
messi e smessi
rammendati ereditati educati silenziosi.

Ma sopportiamo la consapevolezza
forse eroica di dovere
affrontare
dopo i fuochi d’artificio
i rimproveri
dopo le goffe cadute
le minacce d’abbandono
dopo le esagerate parole
il ricorrente destino di umilianti
purgatori
fuori, al buio
dentro una inospitale
brutta e angusta
stanza di periferia.

002_figlio figlio 001 180

Figlio figlio
senza altre incertezze
gettiamoci, insieme
di nuovo
in questo mare di saliva
di vomito e plastica.
Oltre quella scorza rivoltante
potrebbero svolgersi
azzurrissime distese
silenziose sirene
grotte verdi e rosa
in cui soffiare.

Figlio figlio
amoroso giglio
chi va a fondo può risalire
chi soffre avviluppato alle coperte
può almeno decifrare
i misteriosi segni sul muro
chi giace immobile confuso
può lentamente riprendere
a camminare
nelle cupe e leggere
linee della mente
graziosamente
uccidendo il tempo
con ostinata
dolcezza.

E riprendere a contare senza sosta
deux et deux quatre
quatre et quatre huit
huit et huit font seize
purché si riescano a eludere
i fastidiosi ragionamenti
i pomposi inganni i prevaricanti
squallori.

Con passo militare
con strisciante movenza di pantera
con traballante andamento di lumaca
con occhi stralunati orecchie
tappate, naso che gronda
moccio e sangue,
attenti a non inciampare
andiamo avanti, indietro
lungo un cerchio
un’ellisse
una spirale
ripetendo, quasi per gioco
la dolce-ossessiva
cantilena
della vita.

Figlio figlio
imparerò a tacere
a rispondere solo se
interrogato.

Con improvvisato coraggio
eserciterò il mestiere di padre
e lascerò scivolare
questi bianchi fogli moribondi
tra mani ferme e tremanti.

E lascerò che tu cresca che tu
diventi uomo, senza oppormi,
con sorridente rassegnazione,
figlio mio.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 3 août 2014

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Tierra prometida (Luna, 1977)

02 samedi Août 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Luna

001_luna b iPhoto - copie

Tierra prometida (1977)

Una poesia, una nuvola
di segni colorati
una palla di carta
e, stesa come un giornale
la tua immagine viola
i tuoi occhi di gatto
un ridicolo disegno
su mille volantini gialli
un aeroplano di carta
o un aquilone
un letto disfatto
un bacio.

002_tierra pro iPhoto 180

Tu, una piccola porta
aperta su una terrazza di luce bianca
tu, fiori e scartoffie
sul tuo vestito
tra le tue gambe
tu, tra i ruderi rossi
e le nuvole grigie
tu, bel gesto
dolcefilm
grangala
kérmesse eroica
dopo gli avanzi di plastica
la testa pesante
il riso nervoso
il pomeriggio sbalordito.

003_tierra part iPhoto 180

Tierra prometida
hai la terra tra i denti
i tuoi capelli sono radici
di un infinito tragitto
da questa pena di eretico
verso i lenti suoni della vita.

Tierra prometida
le catene spezzate
il vento sospeso sui lunghi gesti
ingordo di verità
ti prendo, ti accarezzo
sei cenere di storie uccise
sei sabbia di castelli di luce
sei il corpo nudo della vita.

Tierra prometida
la bandiera scucita
le carte disordinate
il lenzuolo rattrappito:
da questo angolo
senza acque chiare
un uomo solo
si sforza di capirti.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 2 août 2014

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Ogni giorno ti aspetto, 1975 (Ossidiana n. 41)

01 vendredi Août 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

001_je t'attends def 180

Ogni giorno ti aspetto  

Se durerà
questo amore
senza diventare
quel cupo rituale
di mobili e lenzuoli.

Se invece sarà come ora
la certezza e il mistero
la solitudine
improvvisa e sorda
il paradigma
della felicità
della serenità,
della calma.

Se questa calma voluta
non diventerà noia
se questa pigrizia
nel centellinare
le sensazioni e il pensiero
non diventerà l’eco
delle nostre parole
la rozza veste
dei pensieri proibiti…

Ogni giorno ti aspetto
e ti grido la gioia
di una vita che non ci sarà,
io ti vesto di mille
vestiti
e mille volte ti spoglio.

Ogni giorno io ti canto
ti canzono
ti porto via con me.

Ogni giorno, seduto
su un muretto di calce
ti saluto, e l’immagine
resta scolpita,
fotografata,
mentre tu scompari
dietro a un disco
che aggroviglia
suoni e parole.

Mentre tu diventi
un amore impossibile
io lavoro al posto tuo
sistemo le tue pratiche
faccio la guardia
alla tua porta
ascolto le variazioni
del silenzio.

Giovanni Merloni

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