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Uno sguardo ambizioso al di là (2014)
I
Uno sguardo ambizioso
rimpallato da una vetrina
nel rimirarsi capriccioso
del mio cappello.
Una lunga passeggiata
quasi una scampagnata
ci accompagna, che facilità
giù giù nel cuor della città.
Intanto il marciapiedi
non la smette di mostrare
il volto tetro del quartiere,
il popolo senza mestiere
i disperati senza arte
né parte, i disgraziati
in disparte.
Intanto il metrò
non la finisce di strillare
vomitando folle
affaccendate
inghiottendo uomini
vestiti alla bell’e meglio
esibendo donne
appena svegliate, già stanche.
Fiduciosi avanziamo
aggrappandoci alla fortuna
alle piccole diversità
alle enormi differenze,
accettando, finalmente,
la contesa quotidiana.
Questo cuore immenso
che non smette di pulsare
è la città stessa. Un’ossessa,
l’invisibile guardiana
della nostra vita
intensa.
II
Che debbo fare
perché tu diventi
la mia città,
il mio corto o lungo
largo o stretto
marciapiedi
per arrivare di là?
Come posso
tranquillizzarti,
perché tu sia
davvero convinta
di porgermi una sedia
e di ascoltarmi, magari
distratta, mentre
rigoverni ?
Quante ferite, quanti
ricoveri, quante macchie
della pelle o dell’anima
debbo risuscitare
perché tu accetti
questo corpo ritardatario,
scampato per un pelo
a un’incresciosa disfatta,
questo cervello
saltellante,
che più non ricorda
dove ha mai messo i suoi
gloriosi trofei?
Cosa debbo esibire,
scavando nel passato
degli errori, delle private
virtù, perché tu inviti
(nelle tue sale di specchi
nei tuoi giardini frizzanti)
questo naufrago
della terra
ferma?
Quali accenti o tic
o gesti, quali pensieri,
quali sogni inconfessati
posso conservare
perché tu accetti
di rivolgermi la parola
magari camminando
sull’altro marciapiedi,
al di là della strada?
Giovanni Merloni
TEXTE EN FRANÇAIS
Questa poesia è protetta da ©Copyright
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