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Venezia IV/VII (capitolo VII,6-8, Carrozza n. 2, Testamento immorale, pagg.96-99 Manni Edizioni, Lecce 2006)
Stavamo bene sul treno
del viaggio di nozze
ma Venezia quasi Svezia [1]
non faceva per noi
non valsero a nulla
le chiassose luminarie
sulle case ciacolanti. [2]
E tu, Nuvoletta rosa
ti ammalasti
per finta e per posa
ma alla fine diventasti
viola e nera
come una capinera.
Quand’andammo a Venezia
nel vagon-ristorante
il viaggio fu un’inezia
il tempo un istante
tu nuvola di gonne bianche
io nido di voglie mai stanche.
Già dimenticato
lo schiaffo che t’avevo dato
appena fidanzato
ormai scordati
i tuoi capelli rapati a zero
il terrazzino nel buio nero
che solo a ripensarci mi dispero.
Felici o drogati
sposini o sposati
correvamo, avventati
tra bave di gelati
mescolando i fiati
in modi assai complicati.
Ma a Venezia di maggio
può fare assai freschetto.
Sul vaporetto
ti toccavi il petto
cercavi un solo raggio
di sole soletto
ma quel miraggio
ti fu interdetto.
Ti feci coraggio
da bravo sposetto
ma l’equipaggio
fermò il traghetto:
«Se vai a Campo
San Zaccaria
trovi in un lampo
la farmacia».
Tra sotoporteghi [3] e calli [4]
case di rusteghi [5] e sciacalli
rapinatori di sposini
e fotografi assassini
la nostra ritirata russa
fu una resa indiscussa.
A Rialto feci un salto:
non avevi più smalto.
All’Accademia sopra ‘l ponte
ti toccai la fronte.
Ai Frari visti i sintomi vari
chiamai i tuoi familiari.
Alla Scuola di San Rocco
scottavi come un ciocco.
Appena arrivati
a piazza San Marco
con accoglienze da sbarco
fummo festeggiati.
Nuvola fu curata
corteggiata, risanata
io, battuto in ritirata
ogni dì una passeggiata
dalla farmacia all’insalata.
Ero abituato, lo sai
a vagare solitario
fuori orario
lontano dal binario.
A Venezia
quell’inezia di febbretta
quella stolta nuvolaglia
che ingombrava le scale
foderate di rosso
quel catarro verde
incollato alla bocca e agli occhi
mi diedero – toc toc –
uno straniero consiglio:
«Scendi, visita, perlustra
non subire i suoi blocchi,
affacciato al parapetto
fissa pur nella memoria
ombre e luci, senza fretta.
Lei rannuvolata ti aspetta
(schiacciata contro il letto
disattenta osserverà
la tua foto lustra)
(mentre picchiano i Mori [6]
crederà tuoi i rintocchi
e di star con te, là fuori
nella città coi fiocchi)».
Giovanni Merloni
NOTE
[1] Per quanto appariva lontana da Roma.
[2] Ven.: “che chiacchierano”.
[3] Portici che lambiscono i canali.
[4] Vie di Venezia.
[5] I Rusteghi, commedia di Carlo Goldoni (1707-1793).
[6] A colpi di martello sulla campana, i due Mori di Piazza San Marco scandiscono il tempo.
écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 8 juin 2013
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