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Venezia V/VII (capitolo VIII,13-16, Carrozza n. 3, Testamento immorale, p.107-110 Manni Edizioni, Lecce 2006)
Tu tun tu tun
rallenta il treno
nel cielo sereno
quasi gelato e alieno.
Spingo fuori la mia testa
formicolante e mesta:
«Non scendo
magari proseguo
fino a Ferrara
o ancora, oltre il Po
mi prendo
(con sussiego)
una giornata rara
a Venezia, to’ mo’». [1]
E a te
Stella cadente
Stella matutina
mentre il treno riparte
(è giunta ora la mattina)
qui da solo, dolente
magari ti scrivo
una cartolina.
Andavamo in macchina
(perché avevi paura del treno)
sempre accompagnati
dalle canzoni eroiche
degl’Inti Illimani [2]
(c’erano ancora
le trojke [3] e le balalaike [4])
(non c’era ancora
Gato Barbieri [5]).
A Venezia
dicesti «Aiuto!»
Ma io ero cocciuto
e privo di fiuto.
Una notte, seduta sul letto
ti allacciavi le scarpe
da uomo. Decisa
a guidare tu
la gondola blu
che aspettava giù.
Era Omas [6] la stilografica
che mi regalasti tu
(la persi, infelice
nella gita serafica
a Murano e Torcello).
Feci appena in tempo
a scriver BE-RE-NI-CE [7]
sul fiocco bianco e blu
(goffa e buffa cornice
al tuo lungo capello).
Stella a mezz’aria
precipiti bonaria
nel mio cielo turchese
alla Paolo Veronese. [8]
Stella a mezz’acqua
Venezia ti sciacqua
a pennello. Sconvolto
il tuo volto strano
(da modella di Tiziano [9])
è il perfetto simulacro
del nostro amor sacro
diventato profano.
La tua aria da folletto
(questo l’ha detto
Bonazzi del Poggetto [10])
ricorda Tintoretto. [11]
Ma il letto sotto il tetto
è il centro perfetto
del nostro diletto
(Casanova [12] e Canaletto [13]
ne avrebbero dispetto).
Giorgione, Concerto campestre (1510) (I pittori di Venezia nel XVIII secolo)
Stella a mezza terra
il tuo sogno mi afferra
i tuoi docili sguardi
converrebbero al Guardi [14]
il tuo che di maschiaccio
s’addirebbe a Carpaccio [15]
il tuo naso aquilino
appartiene a Bronzino [16]
la tua bianca carnagione
l’ha dipinta Giorgione [17]
ma la tua bocca in moto
è opera di ignoto.
Stella zucchereccanella
ti ho mangiata e bevuta
anche a tua insaputa
come panemmortadella
a una fresca fontanella.
Usciti dall’Accademia [18]
sul ponte ti abbracciai
tu che non eri astemia
dicesti: «Uniamo i guai!»
Risposi senza pensare
«Ho due figli da rifocillare»
ti rincorsi col gondoliere
ti persi tra le zanzare
mi lasciasti crogiolare
nel mio eterno pendolare
tra sognare e ricordare.
NOTE
[1] Espressione bolognese: “beccati questa”.
[2] Gruppo di musicisti cileni esiliati in Italia dopo il golpe del 1973.
[3] Slitte o carrozze trainate da tre cavalli.
[4] Strumenti a corde molto diffusi in Russia e Ucraina.
[5] Sassofonista di jazz argentino.
[6] Marca di penne stilografiche.
[7] Regina egiziana che sacrificò la splendida chioma ad Afrodite.
[8] Paolo Veronese (1528-1588), pittore.
[9] Tiziano Vecellio (1490ca.-1576), pittore.
[10] Collega di Alfredo B.
[11] Jacopo Robusti detto il T. (1518-1594), pittore.
[12] Giacomo Casanova (1725-1798), scrittore.
[13] Giovanni Antonio Canal detto il C. (1697-1768), pittore.
[14] Francesco Guardi (1712-1793), pittore.
[15] Vittore Carpaccio (1465ca.-1526), pittore.
[16] Agnolo di Cosimo detto il B. (1503-1572), pittore.
[17] Giorgio Zorzi detto il G. (1477ca.-1510), pittore.
[18] Gallerie dell’Accademia, pinacoteca di Venezia.
Giovanni Merloni
écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 10 juin 2013
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