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Villa Borghese

I
La mia città
ê una donna discinta
maliziosa
che si stende
in un amplesso sconcio.

E’ una maga ipocrita
che dorme
insieme a noi.
Non ha visto il tramonto
né le prime stelle
né la morte
che è entrata nei viali.
E’ rosa è serena è invitante.

Non ha visto la morte
ma dorme
insieme a noi.

II
Ieri abbiamo sfiorato
le statue di marmo
le fitte siepi
ignari di violare l’incanto
di Villa Borghese.

Addosso ai pini
— alte giraffe
dalle cortecce lucenti —
gli allori agitano le loro
foglie odorose,
mentre noi
tratteniamo il respiro
sprofondando
nei prati bagnati
da mille rugiade.

Stravolto, non capisco
questa bianca luce.
In questo strano
silenzio, non riesco
nemmeno a sfiorare
il tuo braccio.

Passeggiandomi accanto,
senza incanti, tu canti
la serenità
tu invochi la libertà,
ma non c’è fierezza
nei tuoi occhi
non c’è pietà
nei tuoi voti.

Non sei sincera
non sei che un’ombra falsa
di questa pace vera.

Non ti credo,
ma quando mi chiami
dal bordo della fontana,
nascosta
dietro una colonna
di edera,
quando mi accarezzi
col vento del tuo
profumo (impregnato di pioggia
e di muschio)
mi sorprende
irresistibile
la scia che ti insegue:
un sospiro nella ghiaia
del viale
un saluto breve in una
foglia
un bacio leggero
sulla tua bocca
chiusa.

Giovanni Merloni

TEXTE EN FRANÇAIS

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