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I. Sono qui, sotto Roma (capitolo I, Testamento immorale, Manni Edizioni, Lecce 2006)
1.
Son morto e seppellito
giù giù sotto tonnellate di terra.
Una coltre di vetro trasparente
(un fondo di bottiglia,
una lente Zeiss),
sotto cui la morte
libera dalla claustrofobia
serpeggia felice
e dichiara alla stampa
la sua putredine eterna.
2.
Sono qui, sotto Roma
in un ramo di catacomba
dove non passa, finora
la metropolitana. Per
qualche secolo le mie carni
avranno tutto il tempo
per sparire, le mie ossa
potranno ammucchiarsi
franando dolcemente,
avvicinandosi tra loro
con lentezza di pietre nella sabbia.
Le mani, continuando
a somigliare a mani
terranno su la testa
tonda liscia, senza più
occhi né labbra ; tra le dita
il volto riempito di terra
avrà a disposizione
tutto il tempo dell’eternità
per ricordare e vivere
quietamente la morte
la solitudine impraticabile
dove l’anima affonda.
3.
Sono qui,
morto in poesia
invece che in prosa
condannato all’eterno stato
di andare a capo.
Fu per questa circostanza
fisica e mentale
che trovai questa morte
davvero originale.
Indeciso fino alla paranoia
se il mio verso dovesse
cadere sulla rima, restare
saldamente in prosa oppure
eternamente camminare sul filo
decisi di andare, di notte
ma ero stanco, agli scavi
di Cecilia Metella.
4.
Camminavo da solo
col raggio di luna alla nuca
recitando in cento maniere
lo stesso verso. Alla fine
(due volte la gamba aveva ceduto)
restarono Penna e Caproni
Pasolini e Amelia Rosselli
Volponi e Bertolucci
Bellezza e… Era buio,
il mio cerchio sformato
barcollando cercava
un tugurio quadrato
quando il tempo è spirato.
Ho sentito addossato
silenzioso un boato
(la mia gola già spenta
adagiata sul prato
stava invano chiamando
come il corno d’Orlando).
5.
Il destino mi ha regalato
uno smarrimento speciale
(nessuno può trovarmi
la mia fiat senz’armi
è parcheggiata strana). Il fato
mi ha progettato
un pozzo sfondato.
E ci sono proprio cascato
anzi colato
come un gelato.
La morte mi ha stecchito
e così sono finito
sotto un masso di granito
senza fioriere seccate
né bandiere di partito.
Sono morto in poesia
invece che in prosa
condannato all’eterno stato
di andare a capo.
Giovanni Merloni
écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 9 janvier 2014
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