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Vengo da lontano (1971)
Vengo da lontano
da tanti cambiamenti
di identità
da tante storie che vi sembrano
fasulle, strane, decadenti.
Non ho avuto mai nulla di forte
tranne la voglia di amore
non ho avuto
non ho avuto
sono ricco della paura
della sensazione terrestre di essere solo al buio
al buio fondo spesso
colmo di odori infernali.
Ma poi ho persone anche care anche belle
intorno
il mio pessimismo è cosmico, inumano:
perchè non ho ragione.
Io non ho ragione ho torto.
Ho lo stesso voglia
di fare una gita
al mare con i bambini
di stendere una coperta e tacere
e parlare dell’aria, degli animali
degli odori naturali.
Ognuno di noi desidera essere lontano
ma per sentirsi lontano
basta stendersi tra la gente che parla
tra i figli che giocano agli indiani
lasciarsi coprire dagli avanzi della gita
lasciarsi urlare nell’orecchio da megere spietate.
Ognuno di noi ha un interruttore
per non sentire più
per volare alto
per pensare di non pensare
per credersi o ricredersi
per sognare o ricordare
per fare due più due senza sosta
perché siamo liberi
schiavi
liberi schiavi liberi schiavi.
Anche la morte
può essere una strada
per non sentire
rumori di sottofondo.
Gli altri ti guardano morto
hanno paura che ti possa muovere
che possa risuscitare
li impietrisci
non ti toccano non ti accettano
neanche così.
Ma almeno
adesso che chiudi gli occhi per essere solo
e gli altri ti guardano e ti odiano
e pensano magari che dai fastidio
adesso non ti importa niente di loro.
Adesso puoi uscire
dal tuo sarcofago
e fare a tutti
il misterioso regalo
di un sorriso.
Giovanni Merloni
De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1
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