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Datemi l’acqua (1993)
Ho visto davvero
il lupo e l’agnello:
due ombre imbalsamate
presso le cascate
di un’acqua che sgorga
limpida e gelata
nell’antica passeggiata.
L’aria e l’acqua, lassù
ancora si mescolano
come acquarelli
nel profumo di verdi prati
di gialli fienili abbandonati
di rossi pomeriggi addormentati.
Tornavamo a Roma
all’inconfondibile
ritrovato odore di chiuso
della casa grigia e bianca
ai divani esausti
ai libri scoloriti
ai quaderni arricciati.
E l’acqua, in cucina
prima calda poi fresca
poi freddissima, gelata
calcica, ferrigna
ci vomitava in gola
inaspettati meandri
sotterranei sciacquii
muschi di statue sommerse
e infiniti avvitamenti
senza peso, a ritroso
dentro un gorgo di palombari.
Con gli anni
ci mettemmo alla prova
studiammo, applicandoci
cercammo
di capire, di ragionare
progettammo insofferenti però
delle lunghe tavolate oziose.
Fummo ignorati
e noi stessi ci ignorammo
fummo evitati
e noi stessi ci evitammo.
E il magma della particulare
prepotenza
occupò spazi, giardini
fossi, arenili, pinete
boschetti.
I pali e i pozzi
entrarono in modo malvagio
irrimediabile
dentro caverne spettrali.
I nuovi abitanti
dilagavano beati
nei supermercati
nelle villeggiature
nelle piste falciate
nelle passeggiate cementate
consumando
merende invadenti
addosso a dolci laghetti
iridescenti.
Ora l’acqua
chi lo sa se si può bere
ora l’aria
chi lo sa se si può respirare
ora l’amore
chi lo sa se si può
nascostamente
desiderare.
Non fatico a immaginare
gli uomini che bevono
la propria urina
forse malata
le donne che inghiottono
immonde carte oleate
e masse di scimmioni sapiens
che muoiono calpestandosi
in marce accalcate:
un istinto di morte
devasta l’orizzonte
che, tuttavia
si ostina ad apparire
luminoso, consolatorio
ancora disposto
a resuscitare
Guardando
il rubinetto che scorre
tastando nel silenzio notturno
il liquido sul dito
sempre caldo
mi avventuro
nell’incauto ricordo
forse sogno
di topo di campagna
nel dolcissimo disperato
vagheggiamento
di quel brillante sgorgare
ristoratore materno
definitivamente morto
inaccessibile, pregiato.
Malconcio e sconcio
bevo lo stesso
un’acqua mescolata a cicuta
che lentamente
irrimediabilmente
mi riaddormenta.
Giovanni Merloni
écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 2 mars 2013
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