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l'art de la non rencontre_def_740

L’arte del non incontro

Che c’entri tu
coi tuoi grandi occhi
che trapassano nuvole e pietre?
Perché proprio addosso a te
deve infrangersi
l’onda spropositata e sgonfia
del mio sconosciuto naufragio?
Quale parolina dolce
o sferzante o misteriosa
trapelò dalle tue labbra viola?
Chi sono io che mi aggiro
sotto la tua casa?

Come potrei giustificare i miei versi
le mie zoppicanti serenate mute
le mie più intime agitazioni ?
Come spiegarti
che succede talvolta
(almeno una volta nella vita)
di scoprirsi perfettamente scolpiti
l’uno per l’altra
per poi restare lì, immobili
a guardare dentro l’onda
di quei corpi che non si abbracciano
di quelle mani
che non si mischiano
e di quelle bocche
che mai si sfioreranno ?

Niente. Non è successo niente,
Il silenzio ci assordava
il chiasso ci calmava,
non cercavo fortuna
nella tua testa bruna,
e tu non hai visto che difetti
nei miei modi circospetti.
Restammo al non-detto
al non-sentito
imbambolati davanti all’onda mortale
che precipitava
davanti a quella tavola sparecchiata
in attesa spiritata
che un altra coppia si fosse accomodata.

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Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

Resto qui, oggetto imbarazzante
sotto gli sguardi arrossati
e non lascio più le case gialle
i marciapiedi  invasi di fantocci
gli stomaci ingombri di resti
di mille cartocci.
Non scendo e non salgo.
Non ho altro progetto
che scrutare il riflesso
della mia vergognosa sconfitta.

In un certo senso tu mi ospiti
mi concedi un tetto
un non luogo vicino a te
dove io possa
abbandonarmi a questo treno immobile
alla sua onda invisibile
paralizzante
e interrogarmi sul non senso della vita.
Non ho neanche avuto il tempo
di dirti che ero un marinaio
un vascello colmo
dell’acqua della vita,
mentre ora divento
un fiume in secca.
Non ho potuto dirti
da dove sono sbarcato.
Quando ti sei affacciata
sorridente e irresistibile
ho proprio dimenticato
come si fa a parlare
ma ho potuto leggerti
scendendo giù fino al fondo
nel piccolo libro aperto
e nel solitario concerto
del tuo mondo doloroso
e incerto.

Ho perduto la parola?
Forse sì, ma tu,
unica e rara, quasi al volo
intercetti le parole confuse
che potrebbero precisarsi
o perdere qualsiasi senso.
Ti guida il buon senso
o la paura di affezionarti
all’uomo sbagliato?

Tra le case della piazza
scivolano persone come acqua
tra le dita. Ti immagino
seduta su una qualunque poltrona
mentre ascolti i miei passi che salgono
e scendono le tue scale,
con una pianta grassa
e un giornale in tasca.
Ma io mi aggiro sempre per strada
e scivolo tra le case, disperato
per un naufragio mai avvenuto,
per un divorzio mai consumato,
per un matrimonio mai supposto
per un bacio appassionato
rimasto nell’anticamera
di un grande palazzo vuoto.

Sarei stato capace
di farti un furioso ritratto
giusto disegnando il tuo collo,
a mente, o navigando
nella pozza scura dei tuoi occhi.
Invece, da quando ci siamo incontrati
fuggiamo io da te tu da me
lasciando rotolare il tempo
senza osare afferrarlo
lasciando scivolare le cose
come acqua tra le dita.
Eppure eravamo attratti
da quello specchio di nebbia
dove si incrociavano distintamente
i nostri due labirinti silenziosi.

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Foto : Collezione Fratelli Merloni. Riproduzione vietata

Scalciando tra le rovine
– a testa bassa
mi capisco ti capisco
e cerco di ritirarmi
prima che questo leggero tormento
diventi pesante sofferenza.
Mi sogno allora di salire sul treno
per tornare in un altro non luogo
dove ti sarebbe difficile trovarmi,
dove non avrei la forza
di aspettarti, dove il treno della vita
non avrebbe proprio voglia
di rimettersi in moto.

Ma che c’entri tu
coi tuoi grandi occhi
che trapassano nuvole e pietre?
E io, che faccio qui
infelice sagoma errante
sotto casa tua ?

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 20 mai 2013

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