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Gino Severini, Gemeente museum, L’Aia 

Mi posso ricordare II/III
(Giovanni Merloni, Testamento immorale III/II, Manni 2006)

6.
So a memoria i colori
i dadi e i muri per fare
uno strambo castello
e una casa squinternata
macchiata d’inchiostro blu.
Non scordo le città
le case le strade
i pali della luce
il buio che seduce
quando da bambino
inscatolato e nababbo
viaggiavo, principino
nella macchina del babbo.
E son vivi gli odori
della casa della zia Maria
il corridoio fresco, la cantina
giù dalle scale, fuori i grilli
e le stelle bonarie di Romagna.
Non è meno fatale
pensare ad un sabato
nella casa natale
(cascasse il mondo
c’eran tutti, intorno
al tavolo tondo).
Né mai più ci ritorno
al sapore speciale
della sugosa pastasciutta,
sollievo per lo stomaco
guizzante e piagnucoloso
costretto, di solito
a ricacciare nel fondo
il vomito affiorante
della pasta ripassata
del refettorio.
Coscienzioso
imparavo a ingoiare
le molliche di carne :
guai al mondo a lasciare
sul piatto il boccone
della buona creanza
mentre intere famiglie
vivono di solo pane
(né c’è altra soluzione
per la nuda figliolanza).
002_lido dei pini mimma romoli 7407.
Mi portavano
(per scrupolo, con dedizione)
a visitare le case
asettiche, ordinate
d’inarrivabili persone civili
capaci di foderare perfino
con la carta fiorita i cassetti.
Ma in ogni occasione
somigliavo all’idiota
incapace di veri progetti
paralitico e muto
(davanti a quei capelli ricci
che non facevano mai pasticci)
(mentre quel Superbone
era una vera eccezione)
(ce n’erano poi vari
perfetti, dei veri stradivari).
Così diceva, piegando il dito
l’insindacabile moglie al marito.
003_palais royal 1808.
Osservavo, rumoroso
l’esempio silenzioso del babbo
la reverì sciantosa di mamma
sempre allegra mai pigra
quando faceva lezione
(per ore e ore)
di italiano e latino.
Mia madre
era anche seria
(mai parlava di miseria
sempre di povera gente)
mentre imburrava
il pane abbrustolito
e per le feste ci conciava
(d’improvviso i calzini
erano stretti
i pantaloni larghi
i capelli ribelli).
E viva le luci accese
le stelle filanti appese
le maschere di carnevale
e ogni scherzo vale
e ogni bel gioco
dura poco, e tutti zitti
che il-papa-fa-pipì ;
(fui un folletto rosso
un cauboi con la pistola
un siù con la freccia).
004_macchina da scrivere 1809.
Nel mio orizzonte
spaventato, ben ci stava
il castagnaccio
il burro nell’acqua
la maestra buona
la maestra cattiva
e la Teresa
dalla chioma permanente,
sanguinante romagnola
col respiro sempr’in gola
(per la corvé stridente
di portare a più riprese
a villa Borghese
i tre figli d’avvocato
sapendo che sul prato
l’aspettan le pretese
del soldato abruzzese
di nome Fidanzato).
Un bel giorno arrivò
(brun brun bruuuun)
la quindici-cinquantatré-novantaquattro
giardinetta eroica
che squarciò la tenda
di pelle d’asino
illuminando la visuale
del mondo inusuale
con un solo fanale ;
la rivedo elegante
correre tremante
(bisognosa di spinte
ma con piglio ardente)
dal ponte alla fonte
da Segesta a Selinunte.
005_dodo antonia cortina 18010.
Sto a bocca aperta,
ancora a guardare
i padri e gli zii
che hanno vinto
sommessamente la pace
a lor volta increduli
di fronte al miracolo
di poter finalmente parlare
liberamente amare
rotolarsi nell’erba
sotto i pini
fuori dai rifugi alpini
della Resistenza.
Dentro me li ho racchiusi
come mazzi di fiori
come preziose mercanzie
i racconti confusi
dei miei genitori
le mille peripezie
per trovare l’olio, il pane
le risate di notte
nel coprifuoco
come se  fosse un gioco
la guerra
(il loro sacrificio
non fu sbandierato
la loro felicità
non fu nascosta).
11.
Ce l’ho qui dentro
(da qualche parte
del corpo animale)
lo stesso spiccicato
delirio di impotenza
la stessa forza
di sopravvivenza
che mi fa sopportare
il dolore dell’assenza
per i morti spazzati
per i vivi esiliati
via da me
per tutto l’universo
di stelle uniche e rare
che con me
non ci vogliono stare.
006_separé NB 18012.
Forse posso scavare
nella piega cruciale
del sussurrare lento
misterioso, colpevole
dei grandi, sul conto
di quello e di quella
che fanno all’amore.
« Sono amanti »
rideva mia madre
con nitriti da leonessa.
Così nacque
la mia idea del destino :
un giovane padre
(vestito da uomo
magari con le tasche
piene di fazzoletti)
si lega a una giovane madre
(vestita da donna
magari in taièr);
la natura ficcata in ognuno
fa il resto
(subivo ahimé l’armistizio
tra la strana verità
delle poltrone a fiori di mammà
e il fotoromanzo, gran supplizio
delle donne di servizio).
Avrei giurato
e spergiurato
che l’amore è un prato
senz’ombra di peccato
o meglio è un inseguirsi
di tristi passeggiate
sul limitare del buio
oppure è una parentesi
un nido di fresche-frasche
il cilicio di un ristorante
(freddo e elegante)
dove, seduti
quant’è difficile parlare
e lo stesso mangiare.
007_separé 2 NB 180

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 25 janvier  2014

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