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Irene
(pace dopo la sconfitta o alla vigilia di una grandiosa vittoria?)
Qualche volta
ti vedo arrivare
o piuttosto spuntare
dall’ombra del grande viale
ti vedo piroettare
sorpresa
da un suono interno
da uno squillo d’inferno.
Allungo il passo
tagliando l’asfalto
con affannate diagonali,
ti semino, mi superi
mi ficco nel bar-del-caffé-hag
tu Irene prosegui elegante
interrogativa, esitante
fino all’insignificante portone
Angoscioso, l’ascensore mi porta
al breve corridoio.
Davanti al gabinetto
(dei maschi)
una barbara trascuratezza
ha sopportato che lì
proprio lì, elegante come una star,
sedessi sospesa
su un trespolo d’aria
proprio tu
la nera Irene
dalle bianche mani.
Passa almeno mezz’ora
[Elena non è arrivata]
[c’è sempre una pausa]
[uno scambio di rumori]
[forse io ascolto i tuoi «Ciao»
i tuoi sospiri]
[forse tu ascolti
svogliata i miei ripetitivi
e ripetenti
stessi discorsi
di ogni anno]
[forse io udibilmente
inghiotto il rospo
se m’accorgo che tu
innocente e ardita
sguinzagli gemente
tra i tonfi della mente
sospiri di giovane vita]
[forse tu sbuffi
silenziosamente
se io grido sgrido
qualcuno o l’aria
se rido, gracchio
o dico «Cacchio!»]
[intanto è arrivata Elena]
Son passati cinque mesi
e ancora parliamo di lavoro
soltanto nelle pause di lavoro.
A volte, incauto
o fatuo
(quando Elena non c’è)
senza un pretesto
(di legge o delibera)
piombo nella stanza di là
senza le attenuanti dell’età
(non ho più l’età).
All’angolino del ring
ruotando l’occhio smarrito
pur sempre gentile
ti sorbisci le mie
confusionarie parole:
PIÙ TRASPARENZA
MENO CERTEZZA
MENO BUROCRAZIA
PIÙ VITA
Entra ed esce la luce
invade oppure evade
dalla stanza-scrivania
(Elena impercettibilmente
registra e segnala
il passaggio climatico).
Carezzata dal sole
Cher stregata-dalla-luna
scuoti i capelli
e assecondi l’onda
del lieto fine: appallottolata
e fotogenica scivoli beata
sulla barca che se ne va
dell’AUTORITÀ (1).
Oppure, rannuvolata
ti rintani
nell’angolo più buio
abbracci la pianta grassa
e diventi la polena di prua
del Titanic-ÀTIROTUA
che affonda già.
Ti aspetto, Irene
pacificatrice bellicosa,
costretta a tirare di scherma
per scansar la caserma
indisciplinata e rafferma
come un pane popolato
di mosche.
Ci vuole, per tutti noi
una diversa trincea
un luminoso palcoscenico
un armadio guardaroba
un cesso lontano e discreto
un telefono segreto
e un mondo rovesciato
dove si possa leggere:
AUTORITÀ
parolina che porta bene
il cui significato conviene
domandare a Irene.
Giovanni Merloni
(1) Nella parola AUTORITÀ si condensa e si riassume il lavoro di sette anni, dal 1999 al 2006, da me svolto in un ruolo di responsabilità. Non è certo il caso, qui, di avventurarsi un una cronaca qualsivoglia, che richiederebbe del resto un minimo di inquadramento storico. Lasciamo a questa «poesia di un giorno» la libertà dì esprimersi.
écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 17 mai 2014
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