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Si apre il sipario
Si apre il sipario
che quei due stanno litigando
(molto probabilmente
di cose meschine).
A un tratto la scena comincia:
scimmie addomesticate
salgono – jik –
e scendono – jik –
appese alle frange del sipario
mentre
un omone grasso e robusto
con un vocione
dentro al trombone
presenta
la RAPPRESENTAZIONE
del leone…
In alto, vicino ai trapezi
seduto su di un palloncino
c’è Dio
che presenzia alla festa
(si teme ogni tanto
che il palloncino scoppi
con grande imbarazzo
e rischio di strazio).
Passeggiano i clowns
annoiati
cantando tra loro
con tante facce
tristi e teatrali
e scatta, clamorosa
la grande musicalpantomima:
frustate, galline, disastri,
e il trapezista
che mangia e si ingozza
su un filo sospeso;
i leoni
con denti aguzzi e zamponi
si inseguono
a grandi grugniti
(un povero lupo affamato
in mancanza di meglio è mangiato
mentre Dio
si è addormentato
e in premio dell’olocausto
si innalza l’applauso devoto
di un pubblico ignoto).
La sera raccolgono croste
le cicche dei molti delusi
che sono scappati
cercando nell’aria il ricordo
di quel vero Circo tradito
morto e seppellito.
Calato il sipario
nel buio di luci
e di lampade di magnesio
passeggia sulle punte consumate
la prima ballerina
grattandosi la spina
dorsale.
E il vecchio cameriere,
oculista, sellaio,
facchino, mercante di pelli,
uscito dal verde telone
già si dispone
davanti alla televisione.
Ma loro, che poveri in canna
non mangiano a cena che panna
la panna delle torte in faccia
per loro son buie le strade
dove passano macchine e donne
dove sostano, meste colonne
le rime del mio canto straniero.
Giovanni Merloni
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