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Mi addormentavo col corpo riverso
Col corpo riverso
nel buio notturno
mi addormentavo
nel fondo terso di un lago
sprofondato tra le colline.
Nelle ombre del cielo
nel profilo a zig zag
delle montagne
scrutavo
il riflesso dei tuoi occhi,
il tuo sorriso lontano.
In sogno, mi aggrappavo
al magnifico istante :
tu, nel lampo della porta
volevi rapirmi
chissà dove portarmi
col tuo sorriso.
Col corpo riverso
tra le ombre di miele
avviluppato
nel buio dei colori
nell’euforia della trementina
mi affacciavo stranito
verso il tuo sorriso.
Mentre tu, indifferente
affacciata proprio lì sulla porta
scandagliavi quest’anima morta
nel suo fondo davvero insensato
di lacrime torve e dolorose,
agguantavo le tue mosse
esitanti, ragazzine
sulla porta di un incontro
che si affacciava anonimo
stereotipato
incapace di lacrime e scoppi.
Sulla porta della mia vita
tu ballavi nel vuoto,
insistente, incosciente
fino a quando la porta
dietro te restò chiusa
(sbattuta da un vento gigante).
Mi hai sorriso, in un soffio hai parlato
e ti ho vista, più nera del nero
senza più ricordare il mio stato
la mia eterna rugosa prigione
senza più avere voglia
di sapere l’intera ragione
della mia guarigione.
Eri lì. Per te sola
mi sentivo solo. Tu mi hai visto,
come sono e non come sembro,
non mi hai preso sul serio :
sul mio volto sconvolto
si è affacciato un sorriso disteso.
Col corpo riverso nella notte
in fondo ad un lago di montagna
io ritrovo nelle pieghe
del tuo corpo di cuccagna
il riflesso di un sorriso lontano
che spezzò una volta il non senso
del mio farneticare vano.
Per chi volesse seguire per intero il percorso a boomerang – dopo cinquant’anni – dall’italiano al francese (e ritorno), oltre alla possibilità di consultare il testo francese sul sito gemello, aggiungo qui sotto il testo originario del 1963:
100_Mi addormentavo col corpo riverso (vecchia stesura)
Mi addormentavo col corpo riverso
nel buio di laghi e di colline
studiando tra i fili del cielo
nel coro delle montagne
i tuoi occhi, il sorriso lontano.
Già ti parlo, mi haï visto quel giorni
come sono e non come sembro
che scavavo in me stesso quel pianto
il giorno che per te sola mi sentivo solo.
Giovanni Merloni
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