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Mi innamoravano, ricordo

I
Mi innamoravano, ricordo
— su e giù negli autobus
stipati di donne brune
tra forte odore di ascelle —
le lugubri vie di ogni giorno,
dolenti come brutti sogni
oppure ridenti
negli sprazzi inattesi
di una semplice vita.

Storditi dalla luce di metallo,
aggrappati a gente
senza equilibrio
sconvolti dai bruschi arresti
non volevamo svegliarci,

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In quella scatola
di sardine verticali
c’era sempre qualcuno
che rivoltava paziente il giornale
ostentando un partito
diverso dal mio.

Ma quale conforto trovarmi
nel fitto ammassarsi di corpi
diversi, pur sentendo
in cuor mio
di esser diverso da loro!

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Mi piaceva davvero,
ogni giorno,
ascoltarli parlare
di che non importa.

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II
Se salivi anche tu,
piccola, saltellante
sulla piattaforma traballante
col tuo fiato da dentifricio,
ti aggrappavi ai miei gesti,
ma poi, indocile
accaparratrice di sguardi,
ti sporgevi anche troppo
lontano.

Quando c’eri tu, il mio collo
diventava un periscopio,
le mie braccia
una mesta transenna,
uno sparuto sfollagente.

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« Non siamo, anche noi,
come loro ? »
dicevi seccata, guardando
le mie mani sperdute.
Non mi sopportavi
— su e giù negli autobus
stipati di uomini biondi
che inforcavano strani occhiali —,
ma io, parlatore indefesso
speravo lo stesso
di vederti cambiare
riconoscendomi (almeno)
un progresso
nel mio argomentare :
« Non so che farei
per potere incontrare
ogni giorno
queste stesse persone
non so che darei
per trovarmi schiacciato
nell’abbraccio mortale
tra un ciccione
che legge il giornale
e una suora spagnola
che mangia un gelato ».

Ricordo che non mi credevi.

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Giovanni Merloni

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