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La polizia sfondò la porta
La polizia sfondò la porta.
Li trovarono abbracciati, nel letto.
Interdetti
si fermarono a guardarli:
ancora, nella morte, si parlavano.
Stropicciate
in un foglietto, spuntavano
le loro disposizioni.
(E pensare
che la casa non era ancora sistemata
mancava una rata alla macchina
e neppure di fare all’amore
avevano finito).
(Forse pensavano
che nessuno li avrebbe sorpresi
così tanto felici).
Non osarono dividerli.
Tutti i reporter annotarono
sui loro taccuini
quella fine violenta
saltata dentro da un foro
della tenda stracciata.
Sono così diversi,
uno dall’altra:
a lui penzola fuori un braccio
e gli occhi, orribilmente aperti
sono silenziosi, mentre lei
è ancora tesa a parlare
(con quel seno blu
quei piedi di statua).
Di lì a un momento…
Ecco
prima di quel tremendo frastuono
lui avrebbe forse
fatto in tempo a dire:
« No, guarda, ripensiamoci
non ha alcun senso
morire di felicità… »
mentre lei
(languida o isterica)
avrebbe di sicuro inghiottito
quel nodo di saliva e di pena.
Di lì a un momento
sarebbero morti
ugualmente
faticosamente
giorno dopo giorno
nel seguito oscuro
di una vita difficile : è duro
farsi accettare
dal mondo.
La porta restò chiusa
sigillata come un pacco:
nella casa vuota
oramai schedata
dal resoconto rituale
ritornò il silenzio notturno
appena interrotto
dal va e vieni
dell’ascensore.
Giovanni Merloni
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