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che una voce perentoria chiami
districando ragnatele
per lasciare i pigri labirinti
della solitudine.
Sono abituato a credere poco
alle espressioni di fiducia
ai sorrisi illusi:
nei sogni
invece che mari e serenità
si intricano e si impigliano nebulose
rifiuti di altri uomini
no e poi no di stima negata
di terrore.
Ho ancora la speranza
di uscire dal mio personaggio
dai fatti commessi
dai piccoli errori della vita.
Ho ancora il sentimento integro
nel dire parole come messaggi
disperati appelli
alla buona sorte.
Chiunque poi passi
e senta la mia voce inseguire pensieri
chiunque poi creda
alle mie eroiche nuove verginità
sappia, che io sono lì per caso,
su quel podio fragile,
per combinazione.
Che altrimenti
“avrei forse atteso ancora
al buio
con goffe immagini davanti
affollato di pensieri belli
ma tanti
assillato da idee nuove
ma troppe
desideroso di attività grandi
ma fermo”.
Passa questo tempo
tra suoni convenzionali.
Intanto
ognuno che passa
guarda una cosa diversa,
ognuno che tace
si sta cantando un dolore
una speranza, una gioia, una presunzione.
Io potrei, anche domani,
mettermi a scrivere
e non smettere mai
mettermi a studiare, a parlare,
a lavorare sodo,
e non smettere mai.
Qualche anno dopo sarei conosciuto
o solo stimato
o solo accettato
semplicemente.
E potrei, una mattina,
alzarmi più tardi,
cospargermi di profumo,
fendere con passi accesi la nebbia
sognare mari e serenità
passando la mano sui tuoi
capelli di velluto,
tenendoti a braccetto
leggera leggera …..
Giovanni Merloni
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