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il ritratto incosciente

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il ritratto incosciente

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Figlio, figlio (Roma, 1993)

03 dimanche Août 2014

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Solidea

001_figlio figlio 180

Figlio, figlio (1993)

Figlio figlio
amoroso giglio
un’onda di schiuma gialla
mi annega e mi lega
i capelli e gli occhi;
un blocco di cemento
tra gli squali
mi trattiene e mi rivolta
verso il fondo.

Rassegnato mi arrovello
nell’impossibile decifrazione
di parole a ritroso.

Figlio figlio
mi aspetti spensierato
lassù sul molo di legno.
Addirittura fumando
masticando, sputando.
Ma sei proprio tu? Figlio mio
ambulante senza collane
piccolo Gobetti senza libri
sottobraccio.

Mentre io affogo
tu appena galleggi.

Figlio figlio
il sole ti ha regalato un sorriso
e anche tu hai ostentato
il labbro tremante
i denti bianchi
lo sguardo attento.

Una enorme prua di ferro
ha spezzato le mie catene
troppo tardi forse.

Troppo presto affioro
semimorto paonazzo
gonfio tra le ossa e il vestito.

Figlio figlio
mi portano con leggerezza
in un angolo sabbioso asciutto
dove è arrivato chissacome
il profumo di barche
delle vacanze, il ricordo
delle nostre dolci e goffe
passeggiate. Una canzone
ci carezza le ciglia
un improvviso sollievo
ci riempie le tasche
una piccolissima parola
ci ha salvato ora
si prende cura di noi.

La vita per noi
è un duro esercizio
un laborioso assedio
a roccaforti ben munite
è l’immenso sforzo
per cavarcela
dopo insopportabili
e incomprensibili
giorni di festa.

É il probabile rischio
di essere depredati denudati
rigettati indietro
oltre il bianco orizzonte.

Figlio figlio
però ci sorregge
l’affannosa rincorsa
verso isole leggere
lambite dal lento
materno sciacquìo
di un mare d’autunno
la bruciante rimossa attesa
di un invito al ballo
tra corpi ombre musiche
e viscerali silenzi.

Schiacciato rinnegato
vorrebbe rivelarsi
un disperato grido di rabbia
un gesto estremo
un geometrico balzo
che stracci i mille strati
di stoffa i mille vestiti
messi e smessi
rammendati ereditati educati silenziosi.

Ma sopportiamo la consapevolezza
forse eroica di dovere
affrontare
dopo i fuochi d’artificio
i rimproveri
dopo le goffe cadute
le minacce d’abbandono
dopo le esagerate parole
il ricorrente destino di umilianti
purgatori
fuori, al buio
dentro una inospitale
brutta e angusta
stanza di periferia.

002_figlio figlio 001 180

Figlio figlio
senza altre incertezze
gettiamoci, insieme
di nuovo
in questo mare di saliva
di vomito e plastica.
Oltre quella scorza rivoltante
potrebbero svolgersi
azzurrissime distese
silenziose sirene
grotte verdi e rosa
in cui soffiare.

Figlio figlio
amoroso giglio
chi va a fondo può risalire
chi soffre avviluppato alle coperte
può almeno decifrare
i misteriosi segni sul muro
chi giace immobile confuso
può lentamente riprendere
a camminare
nelle cupe e leggere
linee della mente
graziosamente
uccidendo il tempo
con ostinata
dolcezza.

E riprendere a contare senza sosta
deux et deux quatre
quatre et quatre huit
huit et huit font seize
purché si riescano a eludere
i fastidiosi ragionamenti
i pomposi inganni i prevaricanti
squallori.

Con passo militare
con strisciante movenza di pantera
con traballante andamento di lumaca
con occhi stralunati orecchie
tappate, naso che gronda
moccio e sangue,
attenti a non inciampare
andiamo avanti, indietro
lungo un cerchio
un’ellisse
una spirale
ripetendo, quasi per gioco
la dolce-ossessiva
cantilena
della vita.

Figlio figlio
imparerò a tacere
a rispondere solo se
interrogato.

Con improvvisato coraggio
eserciterò il mestiere di padre
e lascerò scivolare
questi bianchi fogli moribondi
tra mani ferme e tremanti.

E lascerò che tu cresca che tu
diventi uomo, senza oppormi,
con sorridente rassegnazione,
figlio mio.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 3 août 2014

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Tierra prometida (Luna, 1977)

02 samedi Août 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Luna

001_luna b iPhoto - copie

Tierra prometida (1977)

Una poesia, una nuvola
di segni colorati
una palla di carta
e, stesa come un giornale
la tua immagine viola
i tuoi occhi di gatto
un ridicolo disegno
su mille volantini gialli
un aeroplano di carta
o un aquilone
un letto disfatto
un bacio.

002_tierra pro iPhoto 180

Tu, una piccola porta
aperta su una terrazza di luce bianca
tu, fiori e scartoffie
sul tuo vestito
tra le tue gambe
tu, tra i ruderi rossi
e le nuvole grigie
tu, bel gesto
dolcefilm
grangala
kérmesse eroica
dopo gli avanzi di plastica
la testa pesante
il riso nervoso
il pomeriggio sbalordito.

003_tierra part iPhoto 180

Tierra prometida
hai la terra tra i denti
i tuoi capelli sono radici
di un infinito tragitto
da questa pena di eretico
verso i lenti suoni della vita.

Tierra prometida
le catene spezzate
il vento sospeso sui lunghi gesti
ingordo di verità
ti prendo, ti accarezzo
sei cenere di storie uccise
sei sabbia di castelli di luce
sei il corpo nudo della vita.

Tierra prometida
la bandiera scucita
le carte disordinate
il lenzuolo rattrappito:
da questo angolo
senza acque chiare
un uomo solo
si sforza di capirti.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 2 août 2014

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Ogni giorno ti aspetto, 1975 (Ossidiana n. 41)

01 vendredi Août 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ossidiana

001_je t'attends def 180

Ogni giorno ti aspetto  

Se durerà
questo amore
senza diventare
quel cupo rituale
di mobili e lenzuoli.

Se invece sarà come ora
la certezza e il mistero
la solitudine
improvvisa e sorda
il paradigma
della felicità
della serenità,
della calma.

Se questa calma voluta
non diventerà noia
se questa pigrizia
nel centellinare
le sensazioni e il pensiero
non diventerà l’eco
delle nostre parole
la rozza veste
dei pensieri proibiti…

Ogni giorno ti aspetto
e ti grido la gioia
di una vita che non ci sarà,
io ti vesto di mille
vestiti
e mille volte ti spoglio.

Ogni giorno io ti canto
ti canzono
ti porto via con me.

Ogni giorno, seduto
su un muretto di calce
ti saluto, e l’immagine
resta scolpita,
fotografata,
mentre tu scompari
dietro a un disco
che aggroviglia
suoni e parole.

Mentre tu diventi
un amore impossibile
io lavoro al posto tuo
sistemo le tue pratiche
faccio la guardia
alla tua porta
ascolto le variazioni
del silenzio.

Giovanni Merloni

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Se la vita è lotta, 1974 (Stella n. 31)

31 jeudi Juil 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Stella

001_si la vie 01 180

Se la vita è lotta

Se la vita è lotta
se i giorni sono ansanti salite
tra pietre rugose

Se tra le rughe della terra
salissero i glicini
verso le nostre labbra
alito di somiglianze
umide nella pioggia
asciutte nella sabbia
roventi tra le lenzuola

Se la vita sei tu
il tempo si allunga
e si accorcia
la ragione misura l’ansia
ma non l’arresta
disegna la via
che porta a te
ma tu resti nascosta
per sempre
da uno sguardo solitario,
nuovo alla vita

Se la vita
è il tuo passo veloce
la tua nuvola di trofei d’amore
se rinasco
dentro un letto
di sciolto ghiaccio
e ti sorrido
e mi avvicino a te
senza arrancare…

…eccoti qui.

002_si la vie 02 180

Come da un letto nuziale
colmo di fiori rosa dolciastri
mi appari cauta e silenziosa
timida e in attesa:
io credo in te.

Giovanni Merloni

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Una famiglia (Nuvola, 1970)

30 mercredi Juil 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Nuvola

001_la lavandière 180

Una famiglia (1970)

C’era una volta
una lavandaia analfabeta
con le mani rosse e spaccate
con la faccia pallida di cenerentola
sempre sola in casa
con quella peste di suo figlio.

Quando il marito tornava
un orco dai denti tutti storti
e l’alito pesante
e l’arroganza di uno zingaro
la lavandaia cominciava a tremare
perché a forza di lavare
si dimenticava sempre
di cucinare.

E’ mai possibile? – urlò l’orco-porco
e si mise a inseguire la moglie
brandendo un enorme prosciutto.

Intanto il figlio piscione piangeva
disperatamente
il telefono suonava
la casa era allagata
invasa da barchette di giornale
e la lavandaia, per non sapere
né leggere né scrivere
piangeva e urlava:
Idiota, idiota,
idiota, porco idiota…

001_la lavandière 180 NB

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 30 juillet 2014

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Il saluto del vento, 1965 (Ambra n. 61)

29 mardi Juil 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_le calme adieu du vent def 740

Il saluto del vento

Ci passano sopra mille spazzini
su queste foglie di novembre
sparse nel fango, saluto del vento.

La notte, sorpresa dai passi
si rintana nei deboli neon
di rare vetrine.

Che loro van via
lo sa solo chi è sveglio
chi – con loro – vede alzarsi
redivive le case e le scale
che c’erano ieri.

Dio solo lo sa perché
già, perché son scappati
(come ladri)
da quella locanda schifosa
senza vista sul mare?

Son due ombre difformi
in partenza, che scalciano
in mezzo alle foglie
il loro mattutino mutismo.

Non sa farsi adulto e gentile
questo umore di strada;
non è vivo né morto
questo amore frustrato
senza letti né tetti
e davvero ben vuote
son le loro pesanti valige.

Zigzagando malfermi
attorno al confine dell’alba
se ne vanni gli amanti
delle ore di sole
cercando nel buio
il saluto del vento.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

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Adesso, 1965 (Ambra n. 60)

29 mardi Juil 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_à présent 180

Adesso

I
«Pensavo all’addio di due muti.
Sorridevo all’idea di due statue
che si confidano un segreto
inaccettabile.
Sghignazzavo immaginando
due malati che si avventano
a cuscinate
contro il muro invisibile
che li divide.
Scomparivo nella notte avara
di parole vedendo me e te
sprofondare, come i profili neri
di due isole, nel mare.»

II
Adesso sono aumentati
i piani di scale
per salire
su da te, per scendere
giù da me.

Adesso ci sommergiamo di parole
per paura
che il silenzio ci uccida.

Adesso ognuno di noi
sa di essere inutile
all’altro.

Adesso ognuno
si perde in un cerchio
ogni giorno più freddo
e lontano.

Eppure, perfino nelle nostre
parole più risapute,
aride, idiote,
sopravvive, insistente,
lo slancio sincero
di aderire a quei giorni
felici, beati,
spensierati,
quando le parole
si mescolavano ai baci,
quando — ti ricordi ? —
scendevamo io da Marte
tu da Venere
come due imperfetti
sconosciuti.

Giovanni Merloni

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I cavalloni (Prima dell’amore, n. 36)

28 lundi Juil 2014

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Prima dell'amore

001_paxos 1990 (63) 180

I cavalloni

Sotto l’acqua mille pesci
si inseguono tra le alghe
soli e muti
sotto la luce che filtra
un grigio tonno lotta
con un’aragosta
una sirena a occhi chiusi
traversa l’inchiostro
di mille calamari,
sotto i raggi incrociati
della luce nell’acqua
il mondo si riavvolge
senza sosta, rivelando
giardini segreti, assorbendo
in canti silenziosi
la voce segreta del mare.

002 Sardegna Paolo (36) 180

Si rivolta e si gonfia
intorno a me, l’onda
che mai si placa, l’onda
che non muore.

Noi siamo impotenti!

Nel lontano orizzonte
sempre diverso
per chi si avvicina
tutto si sperde:
laggiù il mare è cielo.

Addosso alla nave che viaggia
i cavalloni minacciosi
(sempre più gonfi e superbi)
vorrebbero annegarci
o solo carezzarci, ricoprirci
di sale che brucia, regalarci
un profumo di tempesta
oppure una morte violenta
senza scampo.

003_arcachon 19 180

Qualcuno,
impotente di fronte alla forza
di questi schiaffi inumani
di quest’acqua infinita
potrebbe perfino a odiare.

Amo la schiuma degli oceani
le alghe degli scogli
amo i bianchi cavalloni
che non sanno la loro forza.
Amo l’Oceano.

004 Sardegna Paolo (38) 180

Qui, nei nostri ripari,
non giungono balene
né ossa di pescecane.

Qui dove il mare sembra placarsi
ben altri cavalloni
che conoscono la loro forza
lacerano e schiacciano i cuori.

Noi siamo impotenti!
Raccogliamo e ci mettiamo in tasca
bianche meduse
e conchiglie di secoli.

Ma non sappiamo amare
chi è lontano da noi
chi ci ama senza capirci…

005_ringhiera 180

Giovanni Merloni

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Marine (Prima dell’amore, n. 35)

28 lundi Juil 2014

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Prima dell'amore

001_des marines 001 180

Una spina nella sabbia 

Una spina nella sabbia
tra le conchiglie
e un osso e una lisca.
Si vede
un uovo sporco
una buccia.

(Carezzo i tuoi capelli
nei tuoi occhi mi sperdo).

Non c’è un fiore
né un sasso lucido.
Lontano i pini volano
agitano le loro chiome.
Credo di amarti.
— Guarda che tuffo!
Annega! no, non è niente…

(Mi sperdo nei tuoi occhi
i tuoi capelli carezzo).

002_des marines 002 bis 180

Un cuore vulnerabile studia (maggio 1962)

Un cuore vulnerabile studia
il rimbombo delle onde
e il flusso di lacrime e di sale
su due palpebre
limpide.
Studia il suo silenzio
stando seduto
sull’accappatoio.
E vede venire
un velo profumato
due passi
che bruciano
nella sabbia.

Un cuore vulnerabile
è colpito d’improvviso
dal sospiro dell’amore
dallo sguardo dell’amore
dalla voce dell’amore.

003_des marines 003 180

Se il mare è profondo (ottobre 1962)

Se il mare è profondo
quanto è profondo il nostro amore

se le stelle sono luce
come è luce il nostro amore

se l’alba all’orizzonte è violacea
disfatta atterrita
eppure viva felice
come vivo e felice è il nostro amore

se mare e stelle e vita
e oceano e luce
e mutamenti
se tutte queste cose sono felici
il nostro amore
che è tutto questo – è felice.

Felice di passeggiare
qua e là per il mondo
e di respirare della sua vita.

Ma al nostro amore
non sappiamo dare un nome
che sia il suo vero nome
e un volto sincero che gli somigli
e un solo attimo
che basti
una sola profonda rivelazione.

Il nostro amore è un nulla
un piccolo sapore
una breve sensazione felice
un’attesa disperata.

004_des marines 004 180

Giovanni Merloni

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« Ciao » (Prima dell’amore n. 34)

28 lundi Juil 2014

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Prima dell'amore

001_ciao_testaccio 2 180

Ciao

Sono ancora
dentro gli orecchi
le parole
insieme alle luci gialle
ai rettangoli delle vetrine
ai muri
agli specchi di ghiaccio.

002_ciao testaccio 180

Sono ancora qui
le parole tue
dentro gli occhi che bruciano.

E si affacciano
sul mondo che cammina
dove il tuo sbadiglio
raggiunge le ombre
sfiorando una a una
le facce « qualunque »
sullo sfondo di case
dai muri scrostati.

003_ciao caffarella 180

Devo dire « ciao »
sulle rotaie dei tram
sotto i fili che si biforcano
sui gradini in salita
dove stanno morendo
gli echi stanchi ed opachi
di gioie dimenticate.

004_ciao_fontanone 180

Devo dirti « ciao »
dietro angoli oscuri
di strade angosciate
e ripetere « ti amavo »
al tuo freddo impermeabile.
« Aspetta, non te ne andare ».

Sulla china
sfioriamo la piccola ghiaia
scalciando i pensieri, ma intanto
assaggiamo nell’ultimo bacio
una triste paura.

« Io sono un uomo timido
che tace
aspettando una sola parola
tu sei un’ombra esile
che sogna indifferente ».

005_ciao_ponte sisto

Sono ancora
qui nelle orecchie
le tue parole.
Esili e perfino eleganti
si infilano
negli angoli oscuri
sui muri scrostati
nei rettangoli
delle vetrine.

Sono ancora qui
le parole, i loro soffi
caldi e taglienti.
« Ti amavo »
sussurrano i fili del cielo.
Io devo dire « ciao ».
« Aspetta, non te ne andare ».

Giovanni Merloni

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