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il ritratto incosciente

~ ritratti di persone e paesaggi del mondo

il ritratto incosciente

Archives de Tag: Luna

Sponsali (Luna, 1983)

21 mercredi Mai 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Luna

001_épousailles NB 180

Sponsali (Luna, 1983)

Una festa è una festa
ed ognuno ne ingoia la testa
il corpo, l’elegante vestito,
la braccia, le gambe
perfino l’invito.

Ma poi l’invitato
amico o parente
vorrebbe ribellarsi
sia pure frastornato
al corso che ha avuto
veloce e rituale
lo sponsale.

Commenti immaginari
son scritti a fumetto
sui muri, sui vari
tavoli sparsi
o nel divanetto
dove è stato a lungo costretto
un trentenne vecchietto.

Da tempo quei due
vivevano insieme
e lui ha due figli
ma è buono
ha chiesto perdono
è stato nel fondo
a riparare fogna e pantano
e lei l’ha sempre aiutato
e forse l’ha amato.

Be’ certo, non è conveniente
per niente
la festa solenne
ci voleva una cosa più onesta
che dicesse alla gente
ogni cosa già manifesta
perché ripetesse incantata
la festa che c’è stata.

Che strano, una festa
che ognuno si aspetta
e prevede… Richiede coraggio,
lo spirito di un saggio
che del tabù si svesta
davanti al mondo
che ha fretta.

Signori un po’ annoiati
gentilissimi invitati
per essere arrivati
per averci aiutati
perdonati, invidiati o soltanto annotati
siete dal cuore ringraziati.

Ma noi due
più leggeri
per tanti sorrisi sinceri
per certe parole e intese
talvolta sottintese
per questo evento ingombrante
e titubante (che d’incanto
si è sciolto al sole)
abbiamo ancora un forziere
di segreti da custodire,
o rivelare.

Cos’è una festa, oggi come ieri
senza misteri?

Perciò niente paura
se la vita è stata dura
il matrimonio consumato
e questa coppietta
di giovani sposi
è stata più volte incontrata
mentre digiunava sull’erba
mentre lasciava o raddoppiava
mentre tirava a segno
con impegno
nei prati della festa.

Il mistero sconosciuto
è come possa esser piaciuto
l’ordinario confusionario
alla bella paffutella.

Né mai si saprà
se durerà
l’amore di lui per la musica
l’amore di lei per i mostri
e l’amore dei due,
un po’ agiografico
per lo schermo cinematografico…

002_1983 matrimonio 180

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 21 mai 2014

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« 1978 » (Luna, 1978)

20 mardi Mai 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Luna

001_tutti c'hanno da fare 180Tutti c’hanno da fare, 2000 (1)

« 1978 »

Telefonare a Nemi
aspettare il sessantaquattro
immaginare la metropolitana
nel nero e marmo inciso di scritte
aspettare l’entrata, aspettare l’uscita
ridere, soprattutto scherzare. Sorridere
immaginare come saremmo
se gesticolassimo solamente.

Telefonare vicino, telefonare lontano
aggirandosi in una stanza vuota
perdere la biro
e immaginare i colori
in cui avvolgere le statue morte
le memorie abbandonate.
Salire gli scalini di casa tua
sentendosi leggero, sereno e appena stanco
ben vestito e ben spogliato.

Telefonare da una cabina imbrattata
ad una cena interrotta
dentro una nebbia rimossa
immaginando gli amori passati
che un corpo nuovo attraversa.

Telefonare alla notte
che suona sempre libero
coprirsi o scoprirsi
perché fa freddo, anche qui.
Camminare la città nuova
senza atlanti, senza chiacchiere di amici
immaginando di essere confuso
immaginando di essere solo
immaginando di essere ovunque.

Giovanni Merloni

(1)
Tutti c’hanno da fare. Chi corre di qua chi corre di là. Appuntamenti mancati, rinvii, nervosismi, crolli. Finalmente a casa si accendono I televisori e I computers (raramente I compact disc per sentire la musica) e ci si fa prendere dalla routine autistica : scannerizzare, mandare l’e-mail, scaricare da internet, trattare la foto o il disegno con retini colorati. Arrivare alla perfezione. Il frammento è perfetto. La moglie dorme — meno male — e l’amico pittore… ma che vuole da me ? Non gli basta essere pittore ?

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 20 mai 2014

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“Dove sei, Bologna?” (Luna, 1989)

15 jeudi Mai 2014

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Luna

001_abbraccio 180

“Dove sei, Bologna?” (1989)

Scivola sulla fronte
un po’ stanca
incidendo nuove rughe di sabbia,
soffocando i suoni e i gesti
in un voluminoso soffio
d’aria gialla;
penetra nei labirinti inceppati
della mia mente ricurva
il treno emiliano.

Mi porta nelle mani
un sottile leggero sudore
la veloce emozione
evocata da una parola.

“Dove sei, Bologna? Dove sei
Luce scolpita nella pietra?
Scarabocchio d’ombre e di voci
Che fine hai fatto? Ed io, dove sono?
dove affondo gli occhi
i denti e i baffi?
dove sono i portici e i guasti?
le panchine e i gesti inopportuni?
dove siamo ora?”

002_bologna 001 180

Bologna è qui davanti,
nel libro universitario
di una ragazza silenziosa;
le sue case sono lì
dietro quel casolare di mattoni
dietro quella via di prima periferia.

“Io rileggo sulla tua bocca
un sospiro che per poco
per un lunghissimo istante
ho afferrato
assaporato
ingoiato
tenuto segregato
tra le gambe
tra le braccia e le mani.”

003_piazza santo stefano NB

Mi ricordo, si snoda
una via e una piazza
nel solitario viandare,
appena guardando, in fretta
dentro i negozi,
verso i robusti polpacci
di una fornaia…

“Io rileggo e riscrivo
indeciso se rimpiangere
un lungo attimo sensuale
o una tua toccante parola.
dove sei, Bologna?

004_1979 bologna (103) 180

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 15 mai 2014

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Ancora una volta (Luna, 1980)

14 mercredi Mai 2014

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Luna

001_primo maggio 2009 001 180 Ancora una volta (Bologna, 13.6.1980)

1.
Ancora una volta mi affaccio,
imitando la curva del collo violetto
del piccolo partigiano di legno
e, sfondando, a testa in giù,
la labile scorza del vetro,
entro nel cielo di una città
dove uomini pensosi,
saltellanti (un po’ boriosi)
calpestano i tetti.

Ancora una volta,
stupito che ciò ancora esista
richiudo la lunga finestra
che ha portato una mattina il sole
nella casa assai vecchia
che mi hanno prestato.

“Ma signora mia, come posso
farglielo capire?
Non sono più quel maglione rosso
quella sterminata impermeabile pigrizia
quella gutturale eruzione cutanea
di eroici appostamenti
e tattiche d’amore;
non sono più, oramai
quel languido scrutatore
che aspettava la vita e la morte
dall’immagine screpolata,
appena riflessa, di fate addolcite
dal mio bisbiglio disarmato e fraterno”.

(Qui giocavamo alle stelle;
qui, angosciati, tradivamo la rivoluzione
sempre più scivolando
nel fondo di coperte odorose;
qui salivamo a ritroso
l’acre e delirante nonsenso
di giorni sempre inaspettati;
qui giocavamo al massacro).

002_primo maggio 2009 003 180

2.
È tutto perso, senza rimedio.
Certo, se fossi stato formica
avrei tutto ricordato
catalogato, esposto
perfino le sfumature
e ciò che resta inespresso,
non vissuto, perso chissà dove
ma si può benissimo inventare
(ottenendo in premio
un mezzobusto foscoliano
o una ringhiera per affacciarsi
con sospiro inesperto, verso i piccioni).

Ma la cicala ha sputato sangue
ridendo e piangendo,
ha bruciato gli appunti
e non sa raccontare.

003_primo maggio 2009 002 180

3.
Ancora una volta, tornare
mi trascina a pensare, a scandire il conflitto
a esplorare la sorda incomunicabilità
tra formica e cicala

— che cosa mi insegna
la mia foga incostante
di leader perdente?
un bel niente ! —

ancora una volta
ho troppa paura
di tornare a ballare
di soffrire dietro un vetro
cercando di decifrare
il mistero di un ciuffo di capelli
che affiora dalla folla
di Bologna.

Ancora una volta, lontano da qui
tornerò all’altra metà della vita
a soffiare
in un flauto pieno di sabbia
un samba stonato, o una rivoluzione.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 14 mai 2014

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Sul binario morto (Luna, 1989)

13 mardi Mai 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Luna

001_voie de garage 01 180

Torino, 29 dicembre 2011

Sul binario morto (1989)

Una locomotiva a fari spenti
di continuo si volta, come una chioccia impaurita
e contare i vagoni. Erano sette,
uno di loro è sparito, deragliato via
rapito e complice dei rapitori
bloccato in uno spiazzo d’erba
ad aspettare un segnale.

In gran segreto, su quel vagone sperduto
è nata un’Idea.

Negli scompartimenti letto
chi aveva la voglia non si è accorto
dello strano buio di un treno fermo,
chi aveva voglia ha amato
baciato leccato graffiato e poi fumato.

L’Idea riempì lo scompartimento
uscì nel corridoio piegato da un lato
cercando di passare inosservata
davanti a coloro che, malati
o solo svogliati, non amavano
né fornicavano, né giocavano a carte.

Ma l’Idea dovette venire a patti:
si formò subito una carovana
dietro di lei, disposta ormai
a seguirla ovunque.

002_voie de garage 02 180

Torino, 29 dicembre 2011

Mamma locomotiva, babbo treno,
per figli sette vagoni
gusci di acciaio che stracciano l’aria
scavalcando distanze e voci.
Ogni vagone ha una testa e un sedere
braccia per stendere coperte e bucare
biglietti, gambe a forma di ruote per correre
sempre correre ogni tanto strusciando
ferro contro ferro – e sono fischi fortissimi
ogni tanto saltando mollemente
come botti di vino sull’erba.

Ci fu un controllo più serio,
chi aveva autorizzato
il vagone con le automobili sopra
a fermarsi a Bologna?

Perché viaggiare sempre?
E’ un’ossessione, osservarono
i più. Perché viaggiare davvero,
sul serio, correndo da qui a lì?

003_voie de garage 03 180

Torino, 29 dicembre 2011

Ecco l’Idea, portata a spasso
da un’attillata camicetta bianca
(spingeva un seno strepitoso
e una gran voglia di vivere
contro quel bottoncino di madreperla):
“Stiamocene qui fermi. Sta venendo l’alba.
Per chilometri e chilometri intorno
non si vede nessuno. Zone disabitate
dove c’è tutto. E non arriva la televisione…”

004_voie de garage 04 180

Torino, 29 dicembre 2011

Ma chi era il vagone numero sette?
Gongolo? Mammolo? Di sicuro
uno dei due. Il vagone Dotto è pieno di professori
e manager che scrivono su computer portatili
orribili relazioni che nessuno dovrà leggere.
Il vagone Pisolo è pieno di giovani
trentenni, nati nel ’68, autorizzati
a fare tardi la sera, a dormire in treno e poi,
con comodo, a tornare a casa.
Il vagone Eolo ospita cantanti, attori
musicisti da strapazzo e arpe eoliche.
Il vagone Cucciolo nasconde il dito:
Il vagone Brontolo non si staccherebbe mai
dalla sua locomotiva italiana
pubblica e privata, senza la quale
non saprebbe per cosa brontolare.

005_voie de garage 05 180

Torino, 29 dicembre 2011

Sono rimasti fuori,
appiedati a salutare
i genitori dei trentenni e dei nani
soli a sgobbare per tutti loro
soli a morire, senza mai ricordare
un tempo e un luogo dove hanno viaggiato.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 13 mai 2014

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La mia famiglia è un arcipelago (Luna, 1978)

01 mercredi Jan 2014

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Luna

001_archipel_tagliato_def 180

La mia famiglia è un arcipelago (1978).

La mia famiglia è un arcipelago.
Mio padre si chiamava Ruggero.
La sua donna aveva due occhi neri
tristi e allegri. La sua casa
era piena di amici. Fuori
dove l’erba sembrava danzare
il sole dormiva tra i sassi.

000a matrimonio 180 chiara

Ruggero, mio nonno, era gracile e buono,
parlava sempre con foga. Sui treni dell’esilio
incontrò i laghi e i boschi di tristi
ragazze brune. Aveva sempre combattuto i padroni.

Il suo volto era serio. Tra gli occhiali
e il grande cappello respirava un soffio di mare.

La sua isola di cipressi, nei graziosi moli
accoglieva le barche di notte, i signori
vestiti di sciarpe.

000b_matrimonio 180

Fu un destino fuggire
inseguendo la vita e il suo centro.

Fu un destino sognare
la pace di isole ferme
nella nostra famiglia.

000c_1954_009 180

Mio figlio lo voglio chiamare Ruggero.
La sua isola di rocce lo scheggerà di sale.
lo abituerà al vento, al sole ostinato.

000c_1954_009 part 180

Conoscerà bene la paura. Confusamente
amerà tutte le donne. Canterà di sua madre,
una strega dalle gambe asciutte, abbronzate,
la sua prima porta verso la mattina.

L’isola si coprirà un bel giorno
della sua rossa barba
di animale pungente.

000d_1954_018 180

Ruggero, ancor nudo
sarà già insofferente,
perché il mare ben presto
diverrà una nera palude di fango,
e la vita un recinto di facce segnate.

Ruggero andrà via, senza pianger nemmeno,
sicuro che un verme meschino
non potrà esserlo stato.

Finché un giorno d’estate la sua Bradamante
con la treccia più ferma e più bionda
lo farà incespicare
tra sospiri di enormi conchiglie.

Felice e confuso Ruggero
tratterrà la sua notte
affondando le mani, come molli radici
nella gonna leggera, nelle umide cosce,
promettendo un anello.

004_1960cortina_001 180

Ma, sgomento
per il buio destino di piccole case,
sognerà nuove fughe in recinti lontani.

000e_nuovi disegni007 180

La mia storia per me senza nome è l’attesa
il destino di cercare l’amore
e fuggire me stesso
sempre, ovunque, portandomi dentro
Ruggero.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 1 janvier 2014

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Una statua

13 mardi Août 2013

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Luna

001_una statua001 740 Una statua (1977)

Una statua gesticolante ha parlato
ha ghermito i fili del tram
ha tessuto una strada
gialla rossa violetta
ha carezzato il tuo pube biondo.

I tuoi umori sciolti, liberati
scorrono felici, brucianti
sul mio petto, sulle nostre braccia
e il sudore-lago dell’amore
evapora sotto lenzuola di carta.

Ho espresso i passi pesanti
faticosissimi
rimbombanti nella testa
la fatica era del mestiere
il mestiere era sentirmi vivo
o almeno vissuto
certo più sereno
meno entusiasta
meno indistinto.

Una statua di cera si è sciolta
in mezzo a due corpi.
La musica si è rattrappita
come una cantilena
prima estranea poi, d’improvviso
sottile, suadente veicolo
di carezze, di occhi negli occhi
di pace assonnata.

Stiamo uscendo da queste mura
entrando nel nostro passato
nel futuro della vita.

002_la statua 740

Una statua di carta
una statua di neve
una statua di foglie
una statua di mani, di piedi
di sessi avvinghiati
di occhi svuotati
da piccioni cupi e neri.
Una statua di roccia rosa
una statua di alberi
una statua di vestiti appesi
una statua che smette
di cantare, di ridere
di riflettere luci e suoni.
Una statua statua.

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 14 juillat 2013

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Quanto tempo

22 mercredi Mai 2013

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Luna

bruttina 2004 740 Quanto tempo (1991)

Quanto tempo
tra le nostre rovine.
Più esperti
ma ancora ingenui
vulnerabili
ancora presi dal grande sogno
del mondo che cambia.
Più vecchi, in fondo
costretti a mille sotterfugi
per avviare la nostra
macchina deteriorata
tra le mille muraglie
per spingerla a scontrarsi
con finta gentilezza
contro il muro giallo e grigio
di un’ottusa, malefica
assenza di pensiero e azione.

Quanto tempo
prigionieri in questa città
di cartone e di sputo
(speriamo che almeno non crolli)
senza poterci elargire gentilezze
comode conversazioni, saluti, carezze…
002_combien de tempsQuanto tempo nei rigidi formalismi
nella finta professionalità
nei dignitosi vestiti grigi
negli articoli lunghi e concettosi
di giornali inflazionati.

Quanto tempo sta passando
tra un bel ricordo
un impossibile rimpianto
una rassegnata, modestissima speranza…

Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 20 mai 2013

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Vorrei portarti

06 samedi Avr 2013

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Luna

001_vorrei portarti 740Vorrei portarti (1977)

Vorrei portarti
o essere portato
giocare ancora a nascondino
fingendo di non vederti
di non cercarti.

Vorrei un dopopranzo
in un casolare invaso dal sole
una storia per ogni stanza
mille stanze solo per noi
per guardarci e sentirci
vicini, in silenzio

Vorrei un lento e sicuro
viaggio attraverso un mondo vario
e guardare distrattamente
attentamente
i colori e le forme
delle storie affrescate
sui muri scrostati.
002_praga  008_740Vorrei intrecciare
le mie dita con le tue
i tuoi baci coi miei
e cadere nell’amore
come in fondo a un sogno
ebbri e sereni
di una vitalità che rimbalza
moltiplicata per mille
che non è solo nostra
da ciò che ci circonda.

Vorrei portarti
o essere portato
giocare ancora a nascondino
fingendo di non vederti
di non cercarti.
003_praga 022_740 Giovanni Merloni

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première et Dernière modification 6 avril 2013

TEXTE ORIGINAL EN FRANÇAIS : http://wp.me/p2Wcn6-ul

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Spoleto, Todi, Cortona, Gubbio, Assisi

25 lundi Mar 2013

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Luna

001_spoleto todi_740

Spoleto, Todi, Cortona, Gubbio, Assisi (1978)

Spoleto, Todi, Cortona, Gubbio, Assisi
Assisi dentro Perugia
Giotto dentro Giorgione
Piero della Francesca
dentro la palla di vetro.

Un bianco peplo, una spalla scolorita
e in fondo la campagna
le foglie gialle e rosse
la macchina abbagliata dal tramonto
il vento sul nulla di Cottanello
di Pienza, di Lucca, di Volterra, di Siena
dei piccioni e delle nuvole nere.

Il cielo ha volato
finché è stato un film azzurro
e non ho avuto il tempo
di aprire bene gli occhi
di placare il mio corpo sconvolto
dal nostro risveglio tradito.

Ma quanto è dolce,
sicura la carezza del sole
sulle ciglia che diventano
bionde. La macchina ferma,
io mi getto qua e là.
Tra incolori colleghi
io mi perdo, riscoprendo le pietre
le scale le porte le rose
che qualcuno spolvera e abbellisce.
002_spoleto todi_740_rosaTutte insieme con il borgo sconosciuto
quante altre città si sono risvegliate
ed ora si ripiegano, remote
in un cuscino d’aria azzurra.

E divengo più solo e più vivo
se l’amore e la speranza, alleati del sole
rassicurano il corpo proteso e sfiatato:
seduto accasciato su queste scale
davanti a questi tetti solitari
dove ognuno ritrova il suo centro
io mi coalizzo con tutta la gente
che vive di lontananze
di noto e di ignoto
di presenze assedianti
di fotografie ingiallite.
003_spoleto todi_740_violaE Claudia ha scucito la tela.
Va disegnando l’aria gelata
col suo squarciante profumo.
E guarda fissa, correndo, la strada
credendo di essere un totem di perline.
E Raffaele dondola la testa
su un libro di uccelli.
E Francesco ascolta e sorride
preoccupato sta parlando o partendo
sempre vivace, sempre assorto.
E Nicoletta ricopia su un libro
la frangetta blù di Renoir
la bianca pelle di farina di un clown
la grigia pelle di morte della casa vuota.
E Paolo corre nella casa
inciampando nelle allegre mattine
di giocattoli appena lambiti dal sole.
E Pia, e Barberina, e Augusta, e Dodo
e Anna, e Giuseppe, e Nemi, e Andrea
e Marina, e Saveria, e Patrizia
e Ravaldini, e Curtarello, e Ferniani,
e la Cantelli, e Franco Cazzola
e Somogyi, e Bodo, e Ascani
e Spoleto, Todi, Cortona, Gubbio, Assisi
Cottanello…

Giovanni Merloni

De « Il treno della mente » (« Le train de l’esprit »), Edizioni dell’Oleandro, Rome 2000 — ISBN 88-86600-77-1

écrit ou proposé par : Giovanni Merloni. Première publication et Dernière modification 25 mars 2013

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