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il ritratto incosciente

~ ritratti di persone e paesaggi del mondo

il ritratto incosciente

Archives de Tag: Ambra

Ho scritto sulla roccia, 1965 (Ambra n. 53)

30 lundi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_passage du désir 180

Ho scritto sulla roccia

Ho scritto sulla roccia
la poesia di quell’uomo dalla voce grave,
che era andato vestito di nero alla festa
e ne era tornato, sgualcito
e innamorato.

Ho fatto tante cancellature
che il buonsenso o la ragione
opponevano all’estro.

Ho scritto che era un signore
attempato, un vecchio ferito in guerra
dal passo marziale
sublime nei cori di chiesa
che poi, per convenienza,
si era sposato
a una giovane parrucchiera.

Ho detto che al party
c’era da mangiare
per un reggimento
che Angela aveva una voglia
di caffellatte sul mento
che c’era anche l’uomo ben vestito
e che fu lui
a dare ad Angela la pacca sul sedere
per cui scoppiò il casino.

Ho letto la storia in paese.
Poeta, mi hanno detto
la fedeltà storica te la sei messa
sotto i piedi!
Io confuso, mi davo i pizzicotti,
convinto che il mondo,
all’improvviso, si fosse rivoltato.

(L’indomani sono tornato
e ho letto davanti a tutti
la storia « vera »,
che ora vi leggo.)

C’era una volta un re prussiano
affetto da sciatica
e cancro alla gola.
Per questi motivi
camminava come un bellimbusto
e parlava come un baritono.
Sentendosi solo e triste
nel suo grande maniero
un giorno scese a valle
in sella al suo ronzino
con la voglia di caffellatte
di nome Angela
(questo nome alato
non era molto azzeccato
per uno stallone inveterato
ma era quello di una figlia
morta a dieci anni:
un dolore troppo acuto
per il re decaduto
e, ahimè, disarcionato).

Arrivato al paese,
il povero re spaesato
dissetò Angela
poi, sceso da cavallo,
si abbeverò anche lui.
Ma vide lavarsi
tra le fresche fronde
del fiume, tutta nuda
una cameriera
che si compiaceva
(e questo era palese
per tutti quelli del paese)
di essere guardata
da un così gran signore
tutto impolverato
che aveva tanto viaggiato.

Non potete immaginare
l’emozione, l’eccitazione
per l’odore dell’avventura
e per il sapore che allora
Sua Altezza provava
mentre al suo castello
tutto rosso, di corsa, tornava.

Per finire parlerò dei figli.
Nessuno gli somigliava
nessuno aveva la voglia
di caffellatte
ma fecero tutti
delle facce stupefatte
quando, giunti al castello
videro, presso un ruscello
la giumenta Angela
che scalpitava
e la cameriera,
ancora nuda,
che da una vasca salutava.

Finita la storia,
nessuno fu soddisfatto
mi presero per matto
sfoderarono la loro boria
e alla fine decretarono:
Se proprio vuoi restare
ti devi calmare
scendere da cavallo
alzarti al canto del gallo
e riscrivere ogni giorno,
sulla roccia,
goccia a goccia
la tua storia.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Aspetto, 1965 (Ambra n. 52)

27 vendredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_je t'attends 02 180

Aspetto

Aspetto
che una voce perentoria chiami
districando ragnatele
per lasciare i pigri labirinti
della solitudine.

Sono abituato a credere poco
alle espressioni di fiducia
ai sorrisi illusi:
nei sogni
invece che mari e serenità
si intricano e si impigliano nebulose
rifiuti di altri uomini
no e poi no di stima negata
di terrore.

Ho ancora la speranza
di uscire dal mio personaggio
dai fatti commessi
dai piccoli errori della vita.

002_je t'attends 03 180

Ho ancora il sentimento integro
nel dire parole come messaggi
disperati appelli
alla buona sorte.

Chiunque poi passi
e senta la mia voce inseguire pensieri
chiunque poi creda
alle mie eroiche nuove verginità
sappia, che io sono lì per caso,
su quel podio fragile,
per combinazione.

Che altrimenti
“avrei forse atteso ancora
al buio
con goffe immagini davanti
affollato di pensieri belli
ma tanti
assillato da idee nuove
ma troppe
desideroso di attività grandi
ma fermo”.

003_je t'attends 01 180

Passa questo tempo
tra suoni convenzionali.

Intanto
ognuno che passa
guarda una cosa diversa,
ognuno che tace
si sta cantando un dolore
una speranza, una gioia, una presunzione.

Io potrei, anche domani,
mettermi a scrivere
e non smettere mai
mettermi a studiare, a parlare,
a lavorare sodo,
e non smettere mai.

000archit -180

Qualche anno dopo sarei conosciuto
o solo stimato
o solo accettato
semplicemente.

E potrei, una mattina,
alzarmi più tardi,
cospargermi di profumo,
fendere con passi accesi la nebbia
sognare mari e serenità
passando la mano sui tuoi
capelli di velluto,
tenendoti a braccetto
leggera leggera …..

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Giorno e sera, 1965 (Ambra n. 51)

26 jeudi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_jour et soir (12) 180

Giorno e sera

Di giorno le strade
cercavano
a vuoto il loro respiro.

Le chiome dei pini
stravolte dal vento
prendevano a schiaffi
i fili del cielo
oppure accordavano
una veloce carezza
distratta e furtiva
al nostro impacciato
silenzio.

Di sera, la tempesta
di colpo svaniva. La vita
tornava, stranita
in mezzo alle luci
di una musica ardita
che sembrava scandita
soltanto dal palpito
di un piccolo cuore.

Ma era grande
il tuo amore, di sera.
La tua mano spariva
nella mia mano.

Ma, inaspettato, il vento
traditore
si portava via il sapore
sognato,
durato
soltanto un momento.

002_jour et soir (23) 180

Ogni sera ci siamo baciati

Ogni giorno ci siamo lasciati.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Vieni di nuovo, 1965 (Ambra n. 50)

25 mercredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_viens de nouveau 180

Vieni di nuovo

Vieni di nuovo. Ecco, guarda, siediti qui.
Ascoltiamo il mare che fa più rumore,
di sera, col vento.
Racconta prima tu.

Ma, intanto, ti ricordi?
Lo vorrei sapere, sul serio
per collegare ad oggi il passato.
Altrimenti la vita, ogni vita,
giorno dopo giorno
finisce per essere cancellata
come quello scoglio dall’acqua.
Lo vorrei sapere, adesso
come sia possibile
che quell’uomo che ti amava
che non capiva mai
che era confuso sempre
sia oggi qui.
Vorrei anche capire come mai
quell’identico uomo
che correva di qua e di là
scosso, illuso e deluso
in cerca di se stesso
sia sbarcato qui
con un altro cuore
(senza più un cuore)
con altre speranze
(senza speranze).
Sì, d’accordo, ti avevo perduta
perché non sapevo prenderti
e ti compravo troppi fiori
e ti raccontavo troppe cose inutili.

«Ma poi, per anni e anni,
senza vederci né sentirci
ci siamo lungamente parlati
e, allora, ho avuto quasi
la sensazione 
di averti capito.
Un giorno ho sentito
addirittura
la tua voce, e ti ho visto
ridere di gioia
perché tutto andava bene
e andavamo d’amore e d’accordo
domandandoci
come mai, allora
ci eravamo lasciati.»

Vuoi sapere di allora?
Dopo l’ultimo giorno?
Avevo perso ogni lacrima
tutto si era svolto
senza un funerale a regola d’arte
senza un corpo da seppellire
senza nessuno a cui parlare.
Fu così che, senza compianti
senza scene d’addio
senza sipari né treni
né fazzoletti
il dolore che mi aveva reso
confuso e debole
e forse insopportabile
d’un tratto mi impietrì
mi rese vuoto,
praticamente morto.

Ma ora, tornami a dire di te.
Cosa è accaduto dopo?
Come è stata con gli altri?
Col tuo ultimo amore?

«Mi accorgo che il vento
scavando  fino alle ossa
ci ha fatto parlare anche troppo.
Per questo ci ha spinto a mentire
oppure a ostinarci
a rivoltare quel cadavere
come un pupazzo di gomma.»

La vita, certo, ha le sue stagioni
e oggi, nel luogo e nell’ora
dove un dì ci lasciammo
è tutto è diverso. Se tu fossi qui
avresti di certo le rughe
magari un nuovo profumo.
È proprio finita
eppure qualcosa di me
resta intatto, non tutto
di me tu hai cambiato.

002_viens de nouveau part 1 180

Addio, fiore sbocciato
timidamente, avevi aspettato
trent’anni a mostrarti
(o forse quaranta).
Già ti perdo, e svanisce
in un soffio
un dolore che a lungo,
per me, fu la sola
ragione di vita.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

Questa poesia è protetta da ©Copyright

Si apre il sipario, 1965 (Ambra n. 49)

22 dimanche Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_une petite parenthèse 180

Si apre il sipario

Si apre il sipario
che quei due stanno litigando
(molto probabilmente
di cose meschine).

A un tratto la scena comincia:
scimmie addomesticate
salgono – jik –
e scendono – jik –
appese alle frange del sipario
mentre
un omone grasso e robusto
con un vocione
dentro al trombone
presenta
la RAPPRESENTAZIONE
del leone…

In alto, vicino ai trapezi
seduto su di un palloncino
c’è Dio
che presenzia alla festa
(si teme ogni tanto
che il palloncino scoppi
con grande imbarazzo
e rischio di strazio).

Passeggiano i clowns
annoiati
cantando tra loro
con tante facce
tristi e teatrali
e scatta, clamorosa
la grande musicalpantomima:
frustate, galline, disastri,
e il trapezista
che mangia e si ingozza
su un filo sospeso;
i leoni
con denti aguzzi e zamponi
si inseguono
a grandi grugniti
(un povero lupo affamato
in mancanza di meglio è mangiato
mentre Dio
si è addormentato
e in premio dell’olocausto
si innalza l’applauso devoto
di un pubblico ignoto).

La sera raccolgono croste
le cicche dei molti delusi
che sono scappati
cercando nell’aria il ricordo
di quel vero Circo tradito
morto e seppellito.

Calato il sipario
nel buio di luci
e di lampade di magnesio
passeggia sulle punte consumate
la prima ballerina
grattandosi la spina
dorsale.

E il vecchio cameriere,
oculista, sellaio,
facchino, mercante di pelli,
uscito dal verde telone
già si dispone
davanti alla televisione.

Ma loro, che poveri in canna
non mangiano a cena che panna
la panna delle torte in faccia
per loro son buie le strade
dove passano macchine e donne
dove sostano, meste colonne
le rime del mio canto straniero.

002_Le-cirque-1 480

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

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Gente, gente, 1965 (Ambra n. 48)

20 vendredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_vous, gens 01 180

Gente, gente

Gente, gente,
titanici mostri
perché vi ostinate a mostrarmi
che vivete
a pesare luridamente
sul mio orgoglio?

002_vous, gens 02 NB 180

Non ho colpa
se la Regola della vita
non è poetica
per niente
e mi cammina sopra
come un timbro.

005_vous, gens 05 180

Gente
parlo a te, a lei,
a quel verme
che non sa mai
che rispondere
e arrossisce,
miserabile…

006_vous, gens 06 color 180

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

 

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Davvero nessuno, 1965 (Ambra n. 47)

20 vendredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_vraiment personne 01 180

Davvero nessuno

« Qualcuno è morto.
Ha due segni sul labbro,
solo ieri è caduto. Da allora,
non si è più rialzato » :
me la porto così,
dentro me,
senza mai guardarla
negli occhi,
la buffa storia
della mia morte.

Per sopportarla,
mi calo una benda
sulla fronte,
immaginando che intorno
non ci sia
nessuno.

Davvero nessuno.
Quando le mani
saranno chiuse,
quando le voci
saranno spente, la mattina
non porterà più colazioni
sul suo vassoio
di luce.

Davvero nessuno.
Un pò strano, per me
che odio la solitudine,
il silenzio del cuscino
l’assenza di passi.

Oppure ci sarai tu
ma taceremo,
per paura che l’amore
si spezzi, o sparisca
in sconosciuti sentieri.

Nel silenzio, i ricordi
gonfieranno i tuoi occhi
la nuvola chiara
dei tuoi capelli,
ed il sole durerà,
ancora un poco.

Oppure ci sarà
troppa luce, o troppo
buio. Guardandoti,
sarò trasparente,
come una foglia.
Parlando a me stesso
(per sgridarmi,
per consolarmi)
sarò invece arcigno
come un macigno.

002_vraiment personne 02 180

Davvero nessuno.
Troppo tardi qualcuno
ci regala una strana
impraticabile libertà
di amarci. Ma adesso,
nella penombra
dove tu aspetti
e mi guardi assorta,
ti sei bene accorta
che la vita,
d’un colpo sparita,
era, davvero, esistita.

Giovanni Merloni

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La periferia accende luci smisurate, 1965 (Ambra n. 46)

20 vendredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_banlieue 180

La periferia accende luci smisurate

La periferia accende luci smisurate
coprendo di bagliori le palazzine morte
tra terra e asfalto
tra rovi e colline di rifiuti
tra cimiteri e bambole impiccate
coprendo di fumo
il tramonto e le luci
lontane della città.

Nei tanti suoni della strada
ho cercato le nostre due voci
che camminavano con vestiti leggeri
e ridevano mangiando gelati.

« Tu, veloce soffio di fiori acerbi
ferma, solenne e tranquilla
come le feste organizzate
da altri
eri mutevole
come una stella, dolce
come un passo, bianca
come un sasso di gesso
abbandonato nel mare. »

Sono stato inghiottito
da una terra infame
dove il tuo corpo
apriva gli occhi di gatto
nel buio degli alberi
appesi al cielo.

Sono stato catturato
da un abbraccio violento,
senza confini
dove non si provava nulla
dove si provava tutto
e sono sprofondato con te
dentro un dialogo strano
di vetri appannati
di vestiti che ci lasciano nudi
ubriachi, vivi, infuocati
nella lotta, addormentati
nei lunghi baci della notte.

003_lautrec 180

Giovanni Merloni

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Ombre rosa e celesti, 1965 (Ambra n. 45)

20 vendredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

001_des ombres 180

Ombre rosa e celesti

Ombre rosa e celesti
nascondono i contorni
della città. Le case
vocianti si affidano
alle vele viola della notte.

Nella stanza bianca
una polvere soffocante
prosciuga gli occhi.

La gente, sospesa
sul limite della sera
vorrebbe decifrare
quella parola
rimasta chiusa
nelle labbra.

Nessuno si accorge
che quel corpo già grigio,
affidato ai goffi sponsali della morte,
ha indossato un vestito
elegante
per inseguire la città.

Come un burattino
se ne va ancora in giro
senza più parole
senza più timore
con l’autorevolezza
di chi è riuscito
a passare di là
oltre il muro,
scivolando
nella lunga strada
illuminata.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

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Mi sono accodato a una fila di passi, 1965 (Ambra n. 44)

20 vendredi Juin 2014

Posted by giovannimerloni in poesie

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Ambra

002_bruttina portastracci Iphoto 180

Mi sono accodato a una fila di passi

Un morto è portato su una carrozza
e un fiore si spegne con lui sul suo legno
e due donne di nero.
E un lungo corteo ogni giorno.
E ogni giorno un lungo corteo
che segue col morto la morte

Vont sur la plage
Vont, pâle ermitage
Vont, ils suivent un mort
Vont pleurer son sort.

Mi sono accodato a una fila di passi
non vedendo il principio né la fine.

E’ doloroso più della morte
ridare ad un corpo il suo nome
a ciò che è rigido, immobile, vuoto
l’immensa soddisfazione di seguire funerali
di acquistare corone di fiori e vestiti di nero
l’enorme piacere della vita.

Ma chi ci abbandona si porta via tutto
affonda le sue mani stecchite
nella nostra memoria. E ci invecchia.

Così siamo più preparati
a sapere che saremo soli.

Giovanni Merloni

TESTO IN FRANCESE

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